Pederzoli: "Dalla sofferenza impariamo a costruire futuro"

Commercialista e docente universitaria, da anni alle prese con una malattia, presenterà al teatro San Carlo il libro ’Al volante della mia vita’

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Modena, 2 dicembre 2022 – La sua è una storia che insegna. Nello specifico, insegna come resistere agli urti senza spezzarsi e soprattutto che per rialzarsi è necessario cambiare punto di vista. E’ questo il filo conduttore di ‘Al volante della mia vita’, il libro che Alessandra Pederzoli presenterà domani alle 17.30 nell’ambito del ‘Forum Eventi’ al teatro San Carlo. Modenese doc, Alessandra, dottoressa commercialista e professoressa di Scienza delle finanze all’Università di Modena e Reggio, in questo libro racconta del suo viaggio interiore invitando tutti a essere protagonisti della propria vita.

Alessandra, ‘al volante della sua vita’, dove vuole condurre il lettore?

"A rileggere la propria vita, cogliere i passaggi di bellezza e valorizzare ogni singola emozione del passato e del presente, con lo sguardo volto al futuro. Per questo occorre armarsi di un occhio aperto per ‘sterzare’ verso un’altra direzione, dopo essersi messi in discussione. Ma al tempo stesso è necessario accettare le cose che accadono mediante un diverso punto di vista. Spesso reputiamo di avere grandi frustrazioni e non vediamo invece le opportunità: occorre essere meno rigidi e più aperti alle possibilità che la vita può riservarci".

Pensa che le persone siano mentalmente rigide?

"In generale sono poco disponibili a cercare la felicità nelle piccole cose perché sono abituate a consumarle troppo in fretta. Il cammino a volte ci pone di fronte ad un’acuta sofferenza, come è accaduto a me, per questo con la mia testimonianza vorrei dimostrare che radicarsi sulle cose che sono andate storte, penalizzarci, non serve, è solo distruttivo".

Nel libro ci sono parole che lei volutamente non usa.

"Esatto, come rabbia o battaglia. Non perché io non abbia delle frustrazioni ma perché non sono espressione di un atteggiamento costruttivo per il futuro, laddove invece voglio ricercare la positività verso quello che è il fil rouge di tutto il libro, ossia l’amore, nel senso di amare la vita. Non ho superpoteri ma alla luce della mia malattia posso risultare più credibile: ecco che a fronte della rabbia che provo, cambio il punto di vista, faccio ‘retromarcia’ cercando la strada positiva".

Perché ha scritto questo libro?

"L’idea è nata tre anni fa, quando il tumore con cui combatto da quindici anni mi ha messo ko, costringendomi a cinque mesi di ospedale. La luce che entrava da quella finestra era troppa: il bisogno di condividere è prevalso sulla paura. In una qualunque situazione di difficoltà è sempre possibile guardare le cose con sotto una diversa luce e trovare quell’armonia, quell’amore che è l’energia tra le persone".

Chi è suo lettore ideale?

"Non è solo un malato ma anzi è il giovane alla ricerca del senso della propria vita, nell’inquietudine di non saperla colorare. In modo garbato, senza alcuna autobiografia, cerco di indicargli il percorso per farlo riflettere sulla bellezza dell’esistenza".

Come si sopravvive alla sofferenza dell’"ospite antipatico"?

"Ho imparato a conviverci, ad accettare una parte di me, anche scherzandoci, sopra con ironia. Nei momenti di maggiore tristezza prendo a prestito le vite di altri i ‘legami deboli’ ossia gli amici che sono legami molto importanti ma più ‘deboli’, liberi rispetto a quelli della famiglia. Ci si sente in colpa a far soffrire la propria famiglia, quindi ho chiesto loro di tornare a vivere la loro vita, mentre amici o vicini di casa passavano con me le notti in ospedale e questo mi ha consentito di pensare non solo a me stessa ma anche mettermi nei loro panni. Mi hanno permesso di andare avanti".