"Perché i vostri figli non sono vaccinati?" L’Ausl indaga con un questionario ai genitori

Il responsabile pediatria, Zona: "Lo scopo è quello di capire quali sono i timori delle famiglie, per riuscire a dialogare con loro"

Migration

di Giulia Beneventi

Perché ci sono ancora tanti giovani che non si sono vaccinati?

È partendo da questo quesito che la pediatria di comunità dell’Ausl locale ha creato, e diffuso da ieri, un questionario rivolto ai genitori dei minorenni. "Lo scopo – spiega il responsabile dello studio, Stefano Zona (in foto) – è capire come mai ci sia questa attesa. Quali siano i timori, o le percezioni, che portano le famiglie a temporeggiare nella scelta di aderire alla campagna".

I tempi d’altra parte stringono e, stando agli ultimi dati forniti dall’Ausl, solo il 36% degli aventi diritto modenesi tra i 12 e i 14 anni è già nel circuito vaccinale. Ovvero è già vaccinato o anche solo prenotato. "La stragrande maggioranza della fascia d’età pediatrica – considera Zona – è già vaccinata contro le malattie, diciamo, ’standard". Supera infatti il 90% l’adesione alle vaccinazioni per, ad esempio, morbillo, parotite, rosolia, tetano e pertosse. Un dato che sì, è aumentato dopo l’aver reso obbligatorie tali vaccinazioni: "Parliamo però di un aumento dal 90 al 95% – puntualizza –. Quel 36% di adesione all’anti-Covid invece, rappresenta la parte entusiasta della popolazione, quella che non vedeva l’ora di potersi vaccinare. Da qui, per arrivare al 90 di copertura, si deve riuscire a stabilire un dialogo costruttivo con le famiglie, partendo proprio dalle loro perplessità".

Il questionario è compilabile in pochi minuti, direttamente dal sito dell’Ausl. Prevede l’inserimento di alcuni dati demografici (per esempio età, sesso, numero di figli e situazione lavorativa), nulla però di sensibile e che possa essere riconducibile all’interessato. Tramite le domande si cercherà di indagare gli elementi chiave di tre macro-categorie: l’accettabilità e l’esitazione vaccinale in generale, la percezione del rischio della malattia e dell’efficacia dei vaccini, la propensione alla vaccinazione per sé e per i propri figli. I risultati raccolti saranno funzionali allla realizzazione di campagne informative dedicate. Un’idea sul perché le famiglie rimangano esitanti di fronte alla possibilità di far vaccinare i propri figli, comunque, la si ha già. "C’è una parte di popolazione – riferisce Zona – che ritiene che questi vaccini non siano stati ancora sufficientemente studiati sulla fascia d’età pediatrica. Si ritiene, di conseguenza, che i rischi siano maggiori rispetto ai benefici, alla protezione che da il vaccino.

A questo si aggiunge un pensiero, ossia quello che le fasce d’età più giovani siano di per sé, per età, meno soggette a correre dei rischi effettivi anche se prendono il Covid". Un’informazione "erronea – mette in chiaro subito –. I giovani sono sempre stati colpiti dal virus: tra i primi ricoverati del 2020, c’erano anche dei minorenni. Poi certo, le persone giovani, siano esse fragili o meno, che vengono ricoverate in conseguenza all’infezione sono una quota minore, rispetto alle fasce d’età più adulte. Questo non significa che quella quota non ci sia". Anche in vista dell’inizio della scuola, "specialmente pensando alle superiori – considera – i cui studenti si sono dimostrati, nel corso dell’ultimo anno, un ’serbatoio’ di contagi consistente, il vaccino può essere uno strumento utile per evitare che ci siano altri focolai e quarantene per intere classi scolastiche. Non di meno, è una protezione per gli studenti più fragili". "Il ritorno alla normalità – conclude Zona – deve passare anche dalla vaccinazione degli adolescenti".