"Picchiato a sangue, non riesco più a parlare"

La testimonianza in aula di Borriello, il 38enne massacrato in via Panni da un gruppo di ragazzi: "Avevo chiesto una sigaretta"

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di Valentina Reggiani

"La mia vita, prima, era normale. Ora, dopo il tempo trascorso in coma e gli interventi, ho continui mal di testa, non riesco a parlare e non potrò più lavorare. Cosa chiedo? Giustizia e un lavoro". Sono queste le parole di Alessandro Borriello, il 38enne vittima del brutale pestaggio avvenuto nel 2016 in via Panni, a poca distanza dalla polisportiva ’Saliceta San Giuliano’. Ieri l’uomo ha testimoniato in aula e la sentenza è prevista il sette ottobre, quando dovrebbe concludersi l’istruttoria. Ricordiamo che gli indagati per la terribile aggressione erano quattro, tre dei quali accusati di tentato omicidio.

Due di questi hanno patteggiato pene di quattro anni e quattro mesi e tre anni e otto mentre il terzo aggressore e il quarto amico, quest’ultimo accusato di autocalunnia, devono ancora essere giudicati. Grazie alle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza, i carabinieri erano riusciti a ricostruire la dinamica dei fatti, individuando le quattro persone coinvolte, oggi tra i 26 e i 35 anni. Il violento pestaggio era ‘scattato’ a seguito di futili motivi, ovvero dopo un apprezzamento da parte della vittima ad una ragazza che si trovava in compagnia degli aggressori. L’uomo era stato soccorso in mezzo alla strada quando versava già in condizioni disperate e si era ripreso dopo un lungo periodo di coma. "Ero andato alla serata in Polisportiva con un amico e avevamo bevuto – spiega Borriello – ero giù perchè avevo discusso con la mia compagna. Mi sono avvicinato a quei ragazzi che si trovavano sulla panchina per chiedere loro una sigaretta – racconta – poi non mi ricordo più nulla se non che uno di loro mi ha tirato un forte pugno sul volto e sono caduto a terra".

In base alla ricostruzione dei militari l’uomo era stato letteralmente massacrato di botte da tre dei quattro imputati. "Se non mi avessero trovato due persone mentre ero a terra, qualche tempo dopo sarei sicuramente morto. Mi sono svegliato dal coma e dopo qualche tempo dalle dimissioni, non reggendomi in piedi, sono caduto nuovamente a terra sbattendo il capo e mi hanno dovuto operare nuovamente. Ho una palcca in testa – mostra tra le lacrime il 38enne – non riesco più a parlare e pure l’occhio era rimasto strabico. Al mio risveglio ho riabbracciato la mia compagna: sarei dovuto diventare padre poco dopo invece entrambi, la mia ragazza e il bimbo che portava in grembo, sono morti in un incidente. Ho perso tutto". Il 38enne spiega che, a causa delle lesioni permanenti riportate, non è stato in grado di trovare un lavoro. "Ero un elettricista ma ora, con la voce incurabile (l’uomo fatica a parlare) e i continui dolori alla testa non riesco a fare nulla. Ho 38 anni e tutto quello che chiedo è giustizia anche perchè non mi resta più nulla, se non debiti". Ieri in aula, oltre a Borriello è stato sentito anche il 26enne accusato, appunto, di aver taciuto circa la partecipazione di uno degli amici alla violenta aggressione.