Pievepelago, per i funghi è già primavera

L'incredibile racconto di un cercatore: "Ho raccolto dei ’dormienti’ e siamo a gennaio. Non credevo ai miei occhi"

Il cercatore di funghi

Il cercatore di funghi

Pievepelago (Modena), 22 gennaio 2020 - Dopo la breve ’burrascata’ invernale del week-end, tornano primaverili le temperature in Appennino. Con qualche sorpresa: funghi galletti, ‘trombette’, ‘lingue di bue’ sono tipici dell’autunno ed i ‘dormienti’ sono invece funghi montani caratteristici della primavera. Trovarli entrambi a gennaio nei boschi appenninici è proprio un caso eccezionale, che conferma l’anomalia meteorologica della stagione 2019/20. Li ha raccolti in questi giorni Ivano Bigelli di Ponte Modino (Pievepelago), che già in passato aveva testimoniato il ritrovamento di funghi a dicembre.

"Quest’anno – ci dice – è ancora più anomalo, dato che nel nevischio del week-end ho trovato (pur un po’ semigelati) funghi che solitamente si raccolgono in autunno ed in primavera avanzata. Non credevo ai miei occhi". Già nei giorni scorsi si erano avute segnalazioni fotografiche di primule, margherite e altri fiori sbocciati in prati montani, ed addirittura di ginestre in boccio a quote collinari assieme a germogli di varie piante. Ora si aggiunge questo tassello ai dati dei recenti cambiamenti climatici. Se si guarda al passato per verificare altri anomali inverni, preziosa fonte di informazioni storiche su casi simili è il mensile ‘Il Montanaro’ edito a Pievepelago sino al 1889 che riporta testimonianze come quella del sig. L.Grandi di S.Andreapelago che narra di memorie dei suoi avi che nell’inverno del 1787 ‘non cadde neve e ciò nonostante le campagne diedero raccolti abbondantissimi’.

Anche l’inverno 1881\82 ‘fu di una mitezza tale che i vecchi non ne ricordavano uno eguale, se non quello del lontano 1831, con pochi giorni in cui fu necessario uscire col mantello’. In tempi ancor più storici, preziose sono le testimonianze di Lorenzo Gigli con un’unica segnalazione di inverni siccitosi: "Nel 1577 non nevicò mai, fuorché il 10 maggio che coperse il terreno fino a Barigazzo e Rocchicciola". Più numerose le segnalazioni di inverni gelidi, come quello del 1397 con "freddi atroci tanto che gelò il vino nelle botti in modo che, benché rotte, non si spargeva e bisognava un gran fuoco per farlo liquefare; e così il pane che non si poteva mangiare se non si metteva a bollire". Il freddo portò però copiosi raccolti l’estate seguente. Neve "estiva" a Lama Mocogno il 20 giugno 1720 "alta una scarpa". A memoria d’uomo oggi si ricorda solo un inverno –cinquant’anni fa – con solo una spruzzata di neve sino a 800 metri. Nell’inverno 1990 la neve copiosa arrivò solo il 13 marzo. La nevicata del week-intanto ha migliorato la situazione delle piste da sci, ma le previsioni meteorologiche sono concordi che da domani le temperature in Appennino torneranno sopra le medie stagionali. L’anomalia continua.