Pompei eterna negli scatti di Izu

In mostra 55 fotografie inedite, frutto di una visione lirica di quanto è rimasto dal giorno dopo l’eruzione

C’è l’anima di persone e luoghi perduti tra gli scatti di Kenro Izu. C’è un lungo e profondo ‘requiem’ per quello che sembra finito ma che poi, con la forza della natura e della vita, riparte sempre. Si chiama ‘Requiem for Pompei’ la personale del fotografo giapponese che ha inaugurato ieri pomeriggio al Mata di Modena (in via della Manifattura dei Tabacchi 83) e che resterà in mostra fino al 13 aprile 2020: 55 fotografie inedite, frutto di una visione lirica di quanto è rimasto a Pompei il giorno dopo l’eruzione del 79 dopo Cristo, a cui si aggiungono tre riproduzioni dei calchi in gesso delle vittime dell’eruzione (tra cui il famoso ‘cane alla catena’) esposte a Modena per la prima volta.

Una mostra che è stata resa possibile proprio grazie alla Fondazione Modena Arti Visive: nel 2014, quando era ancora Fondazione Fotografia, aveva già ospitato Kenro Izu con la sua ‘Secret places’. Per cui lo stesso Izu, quando nel 2015 decise di voler fotografare Pompei, ha chiesto l’aiuto di Modena per ottenere il permesso di lavorare in loco. Si è così creato un ponte tra la nostra città e il Parco archeologico di Pompei (con il suo direttore Massimo Osanna) che ha in previsione di esporre la mostra, dopo il periodo di permanenza a Modena. Alla domanda «perché Pompei», Izu (che ieri era presente all’inaugurazione) risponde: «Dopo molti anni a indagare i luoghi sacri, ho visitato Pompei (era il 2015) e mi sono trovato faccia a faccia con i calchi delle persone che avevano abitato quel posto e che lì erano morte.

Sono rimasto colpito dai dettagli di questi corpi, la cui immagine è arrivata intatta a noi. Devo ringraziare la Fondazione modenese, senza di loro questo progetto non ci sarebbe stato». Così è cominciato un lavoro che è durato un anno e ha portato a questa speciale collezione che, grazie alla donazione di Izu, da oggi è parte integrante del patrimonio della Fondazione modenese.

«Un lavoro straordinario, mai esposto prima nella sua completezza», il commento del direttore di Fmav Daniele Pitteri. Sui muri del Mata ci sono le terme del Foro e quelle di Apollo, c’è il panificio, la casa dei mosaici geometrici, quella della fontana piccola e quella della Venere in conchiglia. Tra queste immagini di rovine conosciute da tutto il mondo Izu ha collocato, con un gesto poetico di pietà, le copie dei calchi originali dei corpi che abitavano Pompei. E, ogni volta che scattava una foto a un calco, diceva una preghiera.

«Kenro Izu ha la straordinaria capacità di abbattere i muri del tempo, creando immagini sublimi che ci accomunano nello spirito agli uomini di altre epoche, luoghi e civiltà – le parole dei curatori Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi –. La sua preghiera per Pompei ci avvicina alle vittime di quella lontana tragedia ma al tempo stesso, come l’artista sottolinea, porta il nostro pensiero ai drammi analoghi che possono verificarsi oggi in qualunque momento e luogo del mondo». Ogni sabato alle 15 è prevista una visita guidata alla mostra, la prima (oggi) insieme a De Luigi. Quanto agli eventi collaterali, da segnarsi in agenda mercoledì 11 dicembre (alle 18 sempre al Mata) l’incontro con l’artista che, in dialogo con i curatori, parlerà di ‘Pompei tra storia, materia e spirito’. A febbraio dell’anno prossimo, invece, sarà la volta del direttore del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, con la conferenza ‘Pompei: il tempo ritrovato’.