
Lorenzo Porzio, campione olimpico e direttore d’orchestra
C’era un test infallibile per valutare gli aspiranti canottieri: "Ti mettevano a poppa un metronomo, e tu dovevi remare a tempo. Lo sport, come la musica, è un’arte", ricorda Lorenzo Porzio, 44 anni, romano, che questa arte la conosce bene e la pratica da sempre. Campione olimpico di canottaggio (ha vinto la medaglia di bronzo nel ‘4 senza’ ad Atene 2004), campione del mondo Under 23, 18 volte campione italiano assoluto, un palmares di 300 medaglie, oggi è un affermato musicista, pianista e direttore d’orchestra (dirige la Filarmonica Città di Roma e collabora stabilmente con l’Orchestra regionale del Lazio), nonché curatore e direttore artistico di pregiati festival. E continua ad allenare giovani promesse del canottaggio. "Le mie due più grandi passioni, lo sport e la musica, sono diventate il mio lavoro", sorride. E sarà proprio lui uno dei protagonisti del nuovo appuntamento con ’La palestra delle emozioni’, il percorso ideato da Gloria Campaner, pianista e performing coach, domani dalle 11 alle 18 all’auditorium del Conservatorio Vecchi Tonelli: parteciperanno anche il mental coach Stefano Massari, l’autrice e direction coach Chiara Nocchetti, l’attore Andrea Zanforlin, la vocal coach Paola Salvezza, il musicista e direttore Emanuele Raganato. "Anche per i musicisti, è giustissimo ‘allenare’ anche la mente, perché il 90% della prestazione sta proprio là, nella testa – sottolinea Porzio –. Puoi avere anche il motore di una Ferrari, ma se la ‘centralina’ non funziona, l’auto non cammina".
Maestro Porzio, come ha fatto a unire sport e musica?
"Per me è stato assolutamente naturale. Qualsiasi gesto sportivo, in qualsiasi sport, è basato sul ritmo, sul ‘giusto swing’, come diceva Gian Piero Galeazzi. E per il canottaggio, gli inglesi avevano un motto, ‘Ascolta la barca cantare’... Alla base del mio sport c’è proprio la sensazione del ritmo, la necessità di ascoltare il proprio corpo in relazione con l’acqua, lo spazio tutt’intorno e i compagni di squadra".
Insomma, un’armonia...
"Esatto. Spesso ricordo ai ragazzi che alleno che fare canottaggio è come suonare in un’orchestra: devi avere ‘orecchio’ per sentire quanto c’è attorno e sintonizzarti con gli altri componenti dell’equipaggio che non vedi negli occhi ma solo di schiena. Sia nell’orchestra che nell’armo occorre prendersi cura di chi ti sta accanto: il direttore d’orchestra è l’allenatore, il primo violino il timoniere, i violini di spalla sono i capovoga. Ed è come un’allegoria della vita". Cosa dà lo sportivo al musicista?
"Lo sport insegna a non arrendersi mai davanti alle difficoltà e a rialzarti quando cadi, più forte di prima. E insegna valori fondamentali che ritrovi sempre, per essere campione anche nella vita".
E cosa dà il musicista allo sportivo?
"La musica offre allo sport quell’arte che va oltre la semplice performace muscolare, fisica, di sudore. La musica porta la componente poetica di cui a volte gli sportivi si dimenticano perché sono molto concentrati sulla competizione, sull’agonismo e sul gesto atletico. Per esempio, io oggi amo uscire in barca al tramonto e sentire negli orecchi tutte le musiche più belle e più amate".
È vero che si allenava con Beethoven?
"Sì, la musica di Beethoven mi accompagna da sempre. È anche il compositore che più amo dirigere. Ha una potenza innata che scaturisce in ogni nota. La Settima Sinfonia è la mia preferita".
È stato complicato far ‘convivere’ sport e musica?
"Da ragazzo certamente sì: mi svegliavo alle 5, mi allenavo, poi andavo a scuola, studiavo, suonavo, mi tornavo ad allenare. E quando sono diventato professionista (ho vestito la maglia azzurra per 15 anni) avevo chiesto che ovunque andassi potesse esserci un pianoforte per continuare a esercitarmi. Ho impiegato tutte le mie energie e il mio tempo nella realizzazione di un sogno. Mi ha richiesto sacrificio, ma lo rifarei in ogni momento: sport e musica mi hanno reso felice".