Processi di sterilizzazione, il biomedicale guarda al perossido d’idrogeno

"Il settore biomedicale si avvia a una svolta importante: con il progressivo avvento del perossido d’idrogeno, il distretto guarda al futuro". Lo afferma Alberto Nicolini, editore del portale "Distretto Biomedicale.it" e promotore di una convention relativa all’utilizzo del perossido d’idrogeno nei processi di sterilizzazione industriale. L’evento, tenutosi a Medolla nei giorni scorsi, ha visto la partecipazione di diverse realtà produttive del territorio, interessate a sorpassare la filiera dell’ossido di etilene. Del resto, al momento, tale composto chimico gassoso è il più utilizzato nella fase di sterilizzazione, nonostante alcuni rischi intrinsechi alla sostanza. "Con l’ossido di etilene, il rischio zero non esiste", afferma Nicolini, "data la sua elevata infiammabilità e il grado di tossicità per l’organismo umano". Una pericolosità stemperata dagli impianti di abbattimento, i quali tuttavia impattano fortemente sulle finanze delle aziende. "Il perossido d’idrogeno fornirebbe ottime garanzie ambientali ed economiche". A far propendere per questa possibilità, i tempi di sterilizzazione, che si ridurrebbero dalle attuali sessantaquattro ore a circa 4, nonché i costi di funzionamento degli impianti, i quali consumerebbero meno energia. "Il perossido è più sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico, con una riduzione dell’80-90% sulle bollette", conferma l’editore, "e non risulta cancerogeno".

Marcello Benassi