
Sassuolo, la dirigenza del Baggi aveva inflitto un provvedimento disciplinare. Il professore aveva fatto ricorso ma la Cassazione lo ha respinto .
"Ha offeso uno studente apostrofandolo come ‘cretino’. Dunque la sanzione disciplinare della censura, inflitta dal dirigente scolastico all’insegnante, è corretta o comunque proporzionata al suo comportamento". E’ quanto stabilisce una ordinanza la sezione civile della Corte di Cassazione in merito al ricorso presentato dal docente contro il ministero dell’Istruzione (Miur) e contro l’istituto superiore Alberto Baggi di Sassuolo.
Il professore, infatti, aveva presentato ricorso dopo che la Corte d’appello di Bologna aveva confermato la decisione del Tribunale di Modena, così rigettando l’appello proposto dal docente. Il prof aveva richiesto l’annullamento della sanzione disciplinare della censura, inflittagli dal dirigente scolastico del Baggi di Sassuolo, dopo che l’insegnante aveva rivolto l’epiteto di ‘cretino’ ad uno studente alunno. (Non è menzionata la circostanza).
All’epoca dei fatti, l’insegnate aveva un contratto a tempo determinato e, nel corso della propria deposizione, aveva tra l’altro confermato di aver offeso lo studente dopo che il giovane, per primo, aveva denunciato l’episodio. Secondo la Corte d’Appello il provvedimento era proporzionale al comportamento adottato nei confronti del ragazzo. Nel presentare ricorso, l’insegnante aveva però fatto presente come la Corte d’Appello non avesse tenuto presente che il giudice di primo grado aveva confermato la sanzione della censura sulla base dell’erronea convinzione che il docente avesse proferito due differenti insulti, di cui uno ad un solo alunno (parola "cretino" ammessa) ma l’altro (mai avvenuto) all’intera compagine degli studenti "maiali" o "animali". In sostanza, secondo il legale del prof il giudice aveva confuso i termini.
La Corte d’appello, nel parlare solo della parola "cretino" aveva però ritenuto la sanzione proporzionata, come già valutato dal primo giudice mentre, a parere dell’insegnante, sarebbe stata in sostanza corretta la sanzione dell’avvertimento scritto. La sezione civile di Cassazione – nel rilevare solo la correttezza o meno della soluzione adottata dal giudice d’appello – fa presente come i giudici di secondo grado circoscrivano l’addebito alla sola espressione "cretino" adoperata all’indirizzo di un alunno e come la sanzione della censura sia prevista dal codice disciplinare per la "violazione dei doveri inerenti alla funzione docente". Per la Cassazione la motivazione della sentenza, in conclusione, è congrua e adeguata e come la ‘circostanza’ non sia più valutabile in quella sede. La Corte ha infine dichiarato inammissibile il ricorso.
Valentina Reggiani