Quell’abbraccio 23 anni dopo lo scandalo

Caso pedofili della Bassa: Nik ha deciso di incontrare il padre, mai conosciuto e condannato a 11 anni per abusi sulla primogenita

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"E’ una felicità profonda come il mare, cammino sopra le nuvole". Una felicità che non si può nemmeno immaginare, ma solo provare per capirne la natura, la forza, l’impatto emotivo. Federico Scotta, 45 anni, accusato di pedofilia nella vicenda ‘Diavoli della Bassa modenese’ e condannato "da innocente", come ama rimarcare, a undici anni di carcere (per abusi sulla primogenita), domenica per la prima volta dopo 23 lunghi anni ha potuto incontrare e riabbracciare il suo secondogenito Nik, 24 anni. Nel pomeriggio di ieri questa "indescrivibile felicità" è toccata alla mamma biologica Kaempet, di origini thailandesi. Per Nik si è trattato di una "doppia straordinaria gioia, che abbiamo dovuto ammaestrare con tante lacrime e abbracci tanto era intensa. Posso dire che non esiste sensazione più bella". Nik aveva sei mesi nel ’97. Lui e la sorella Elena, all’epoca due anni, vennero strappati ai genitori a Mirandola. La terzogenita, Stella, venne presa in sala parto. "Ho sempre fortemente sperato di poter rivedere i miei tre figli, e questo che sto vivendo è un sogno, che spero di poter replicare con gli altri miei due ragazzi". Nel corso della prima udienza per la revisione del processo (che non è stata accordata), lo scorso giugno ad Ancona, Scotta vide per la prima volta Elena e Nik, "ma non ci fu alcun contatto, solo tanto dolore da parte mia per non averli potuti abbracciare". Ieri Federico e Kaempet erano troppo emozionati per poter raccontare il "loro straordinario sogno a occhi aperti, dopo 23 anni" e così hanno lasciato la parola a Nik.

Dei sedici bambini allontanati da casa in quegli anni, tra Mirandola e Massa Finalese, il secondogenito della famiglia Scotta è il quarto giovane in ordine di tempo ad aver voluto riavvicinarsi alla famiglia d’origine. "Un percorso – racconta – cominciato cinque anni fa quando sui social vengo contattato da una ragazza. Si chiama Elena, è mia sorella. Mi chiede: ’Sai qual è la nostra storia?’ Me l’ha raccontata lei di persona pochi giorni dopo, e l’uscita del podcast Veleno, tre anni fa, mi ha aiutato a capirla di più. Nel corso degli ultimi anni – prosegue – mi sono posto tanti interrogativi oscillando tra vari stati d’animo: la rabbia, il dolore, la paura di vedere i miei veri genitori, e infine il coraggio, il desiderio di andare fino in fondo sorretto, in questo non facile percorso, dalla mia ragazza, Giada, e dai miei genitori adottivi. Devo a loro cosa sono oggi". Nik, di professione meccanico, grande appassionato di musica, annuncia un progetto musicale. "Ci sto lavorando. Un testo musicato per raccontare la mia storia, ma anche quella delle mie sorelle, Elena e Stella, dei bambini allontanati dalle famiglie e di quanti, da adulti, devono ‘ricostruire’ pezzi del loro vissuto". Il saluto, ieri sera, a mamma e papà è pieno di gioia. La famiglia si è ritrovata e non si perderà mai più. Sarà, tuttavia, da completare. "I bambini portati via dalle famiglie naturali – dichiara Scotta, che ora vive a Bologna – sono terrorizzati al solo pensiero di rivedere i loro genitori biologici, descritti come pedofili e mostri, ma poi fortunatamente si rendono conto che erano genitori come tanti, che semplicemente li amavano, e li ameranno per tutta la loro vita, e mai avrebbero fatto loro alcun male. Nik ha superato quelle paure e anche i genitori adottivi hanno fatto con lui un lavoro fantastico. Nik mi ha detto che sarà sempre al mio fianco. Adesso che ci siamo ritrovati non ci lasceremo mai più".

Viviana Bruschi