"Questa tragedia ci insegnerà a distinguere ciò che è essenziale da ciò che è secondario"

L’arcivescovo Erio Castellucci: "Quando abbiamo tutto a disposizione rischiamo di dimenticarci che ogni cosa è un dono"

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di Stefano

Marchetti

Tanti portano una croce, provano il dolore della malattia e del distacco, vivono nella paura, nellI’incertezza per l’oggi e per il futuro, nella solitudine. Ma ci sentiamo tutti feriti, colpiti. È come se il pesante masso che chiudeva il sepolcro di Gesù sia "appoggiato sul nostro cuore oppresso dalla sofferenza", scrive l’arcivescovo Erio Castellucci nel suo messaggio di Pasqua, ’Una pietra esitante’.

"Nel dramma della pandemia quest’anno sembra riprodursi ’fisicamente’; il percorso che la liturgia ci propone spiritualmente: abbiamo vissuto la Quaresima, stiamo vivendo la Settimana Santa, e a Pasqua speriamo di poter vedere qualche luce anche nella situazione sanitaria, sociale, umana. La possibilità di uscire dal sepolcro dipende anche dal nostro impegno", spiega don Erio, in una conversazione col Carlino.

In tanto buio, dove sta la luce? "In queste settimane tutti abbiamo visto che esiste un bene nascosto che spesso non scorgiamo, ma che emerge chiaramente in queste situazioni. Emerge sotto forma di impegno, di sacrificio da parte di chi è in prima linea, il personale sanitario, le forze dell’ordine o chi svolge lavori essenziali, i volontari, la protezione civile, ma anche le istituzioni che a volte devono assumere decisioni impopolari. Voglio ricordare anche l’impegno dei nostri sacerdoti, diaconi e ministri: sono sbocciate tante forme di attenzione all’altro, gesti di delicatezza e di vicinanza verso gli ammalati o verso chi ha subìto dei lutti, ma anche nei confronti delle persone più suggestionabili che soffrono".

Qualche esempio?

"Diverse parrocchie hanno istituito spontaneamente una sorta di numero amico: c’è sempre la disponibilità al telefono di un sacerdote o di un ministro per parlare, ascoltare, consolare. Ci sono poi giovani che hanno dedicato tempo ed entusiasmo per andare a fare la spesa o a ritirare farmaci per le persone sole. Tutti si sono attrezzati con modalità informatiche per poter comunicare con i parrocchiani o trasmettere la Messa. E’ commovente vedere la creatività anche nelle famiglie. Domenica sera una mamma, con un messaggio, mi ha raccontato che, quando ho benedetto le palme in diretta tv, il suo bimbo ha strappato un rametto di rosmarino e se l’è fatto benedire... Ho chiesto ai parroci di raccogliere le esperienze di queste settimane". Ogni giorno, tuttavia, si rinnova lo strazio di tante persone che muoiono sole, e dei familiari che non possono neppure rendere loro l’ultimo saluto... "Credo che questo rimarrà uno dei simboli più pungenti di queste giornate. Ho ricevuto diverse testimonianze e riflessioni di persone che hanno provato questa enorme sofferenza: il contatto con la solitudine mette alla prova tutti. Penso ai lutti che ho avuto in famiglia nella mia vita e alla consolazione che ho ricevuto dall’affetto delle persone care, nel rito del commiato. Non poter fare tutto questo è un dolore nel dolore. Quando sarà possibile, dovremo certamente recuperare un saluto adeguato per questi defunti, con una consolazione per i loro familiari".

È doloroso anche dover celebrare la Messa a porte chiuse?

"Sì, è un sacrificio: non avrei mai pensato a una Quaresima con un digiuno anche eucaristico. Ci siamo adeguati alle disposizioni governative perché abbiamo capito che, sebbene difficile e faticosa, questa è una forma di rispetto verso chi è più esposto e più fragile. È una forma di carità. Il senso dell’Eucarestia è favorire la carità: ora bisogna partire dalla carità desiderando l’Eucarestia".

Le sono arrivate proteste?

"Soprattutto nei primi giorni messaggi e email anche molto forti. Secondo alcuni la Chiesa aveva ceduto allo Stato. Gradualmente poi le polemiche si sono spente: penso, anzi spero, che tutti abbiano compreso la gravità della situazione".

Allora, don Erio, come dobbiamo vivere la luce della Pasqua?

"Una parola importante è ottimismo che io declino nella sua versione cristiana, ovvero speranza. È evidente che non potrà tornare tutto come prima, non sarebbe vero. Chi ha subìto dei lutti, chi ha vissuto la malattia, chi ha perso il lavoro o se l’è visto ridurre, chi ha faticato a stare in casa anche per difficoltà di relazione, chi si è speso fino a sfibrarsi nell’assistenza alle persone, tutti questi non torneranno come prima. E non sarebbe giusto neppure dire ’È stata una parentesi brutta, ora si riparte da capo’. Speriamo di tornare meglio di prima, cioé di imparare qualcosa da questa esperienza". Già, ma cosa? "Imparare a distinguere meglio ciò che è essenziale da ciò che è secondario, ciò per cui davvero vale la pena vivere e impegnarsi, e ciò che invece si può lasciare da parte, perché non resiste alla prova del tempo. Quando abbiamo tutto a disposizione, rischiamo di dimenticarci che ogni cosa è un dono: la salute, un abbraccio, una Messa, un incontro, un caffè. Quando abbiamo tutto, spesso ci lamentiamo perché ci manca chissà cosa, mentre l’essenziale lo abbiamo già. Solo due mesi fa tutta l’Italia si appassionava per due cantanti che avevano litigato a Sanremo, e questo dà la misura della superficialità nella quale a volte cadiamo. Dovremo impegnarci a una convivenza civile ed ecclesiale di qualità migliore"

E dal punto di vista spirituale? "Il richiamo più forte è che la vita non è chiusa dalla morte. Noi siamo fatti per l’eternità: provare con tanta forza la fragilità ce lo fa cogliere più da vicino. Mi rendo conto che questa è una prova purificatrice".

La Pasqua si dovrà celebrare fra le mura domestiche, seguendo i riti in tv. Un consiglio per viverla meglio?

"Mi piacerebbe che sabato sera, vigilia di Pasqua, in ogni casa si accendesse una candela da collocare sul davanzale della finestra, dopo aver recitato una preghiera insieme. Questa luce brillerà nella notte. Alla mattina poi si lascerà entrare un po’ di aria fresca e ci si scambierà un augurio, come fanno i nostri fratelli d’Oriente che il giorno di Pasqua, quando s’incontrano, dicono sempre ’Cristo è risorto, è veramente risorto’. Anche in questi segni potremo intravedere il ritorno verso una vita più degna".