Racket prostitute, preso il «picchiatore»

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INSIEME al più violento e pericoloso degli sfruttatori, Alekxander Beqiri, controllava e sfruttava Arietta Mata, la prostituta uccisa a Gaggio lo scorso gennaio. Martedì gli uomini della squadra mobile hanno catturato Alla Lulezim, albanese di 39 anni nei confronti del quale era scattata la custodia cautelare in carcere nell’ambito della vasta operazione condotta dalla polizia di Stato contro lo sfruttamento della prostituzione.

Delle dodici ordinanze di misure cautelari emesse dal Gip Eleonora Pirillo nei confronti di altrettanti albanesi; ne sono state eseguite sette: cinque sfruttatori, infatti, risultano ancora irreperibili. Lulezim è stato intercettato dagli uomini della mobile maredì pomeriggio nei pressi di San Damaso: era l’anello di ‘congiunzione’ tra le donne già arrivate in Italia e le ragazze da reclutare in patria.

Dalle intercettazioni emerge come le giovani lucciole, terrorizzate, si confidassero tra loro, parlando proprio della brutalità di Alla (chiamato il topo) e chiedendosi come mai, vista la morte di Arietta, ancora non fosse in carcere. «Lui la picchiava sempre; lo Stato non funziona», affermavano. Sono ora in corso indagini per individuare gli altri cinque fuggitivi, tre dei quali sottoposti ad obbligo di dimora. Ricordiamo che l’indagine della mobile, coordinata dalla procura, parte da una pericolosa sparatoria avvenuta tra due auto in via Emilia Est, località Fossalta nella notte del 5 aprile dello scorso anno. Una sparatoria legata alla spartizione del territorio - tratti della via Emilia - su cui le giovani lucciole erano costrette a vendere i propri corpi. Le due fazioni in cui il gruppo di sfruttatori era diviso, infatti, si contedevano le zone dove le ragazze, la sera, incontravano i clienti per poi portarli negli appartamenti presi in affitto dalla banda o nelle stanze di un vicino residence. Ad esplodere i colpi verso il ‘rivale’, Ahmet Uruci, 30 anni, in auto insieme ad un connazionale, sempre Beqiri Alexander - protettore insieme ad Alla di Arietta e il cugino Pashjia Denald, entrambi ora accusati di tentato omicidio. Poco prima della sparatoria in via Emilia, infatti, i due gruppi si erano incontrati in un bar di San Damaso per cercare di ‘risolvere la situazione’. Una delle lucciole era stata affrontata proprio da Alexander e dal cugino, che le avevano puntato una pistola al volto chiedendole 400 euro per vendere il proprio corpo nell’area di servizio che i due sfruttatori ritenevano di loro proprietà. Nell’ordinanza il giudice parla di allarmante pericolosità sociale dei due albanesi, feroci e determinati. Dopo la sparatoria, infatti, lo stesso Alexander si era recato in Albania per poi minacciare con un Kalashnikov insieme allo zio, papà di Denald, i parenti degli ‘sfidanti’, ovvero dell’altra fazione di albanesi che non voleva cedere neppure un metro di via Emilia. Le lucciole, terrorizzate, hanno dichiarato di essere al corrente della faida e di temere che i protettori bussassero anche alle porte dei loro parenti se mai avessero denunciato le violenze. Alcune spiegano di essere arrivate in Italia convinte di dover lavorare al sicuro nei Night e di essere state costrette a vendere il proprio corpo in strada dopo essere state violentate dagli sfruttatori. Tra loro si consolano anche quando una di queste viene costretta ad abortire. «Ha male alla pancia – dice l’amica – non ce la fa».