Rischio terapia intensiva anche con Omicron

I direttori Girardis e Bertellini: "La malattia è cambiata ma non è diventata più lieve, ritardare le cure può portare complicanze gravi"

Un paziente covid in terapia intensiva

Un paziente covid in terapia intensiva

Modena, 29 gennaio 2022 - Il virus è cambiato ma la malattia è ancora la stessa, provoca gravi complicanze alle vie respiratorie e gli effetti si possono vedere nei corridoi delle terapie intensive dei due ospedali modenesi. Dove sono ricoverati ancora tanti pazienti, dove la variante Omicron la fa da padrone e dove lottano tra la vita e la morte troppe persone non ancora vaccinate.

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Lo spiega chi è ancora in prima fila a curare chi si è infettato. "Due anni fa eravamo gli eroi poi, nella narrazione, siamo diventati le streghe. Oggi sta cambiando l’atteggiamento nei confronti dell’ospedale e gran parte di chi non è vaccinato percepisce noi medici come un nemico perché si sente minacciato. Ma noi siamo qua per curare la gente, non per fare la guerra, ci prendiamo cura di tutti anche di chi ha fatto scelte diverse dalle nostre". A fare il punto sui ricoveri sono il direttore della Terapia intensiva del Policlinico, Massimo Girardis, assieme al direttore della Terapia intensiva dell’Ospedale civile, Elisabetta Bertellini: sono 239 i pazienti con riscontro di tampone positivo all’arrivo in ospedale o durante la degenza, di cui 208 ricoverati in degenza ordinaria (133 al Policlinico e 75 a Baggiovara), 11 in terapia semintensiva (tutti al Policlinico) e 20 in terapia intensiva (13 al Policlinico e 7 a Baggiovara). Nello stesso periodo, un anno fa, i ricoverati erano 222, dei quali 169 in degenza ordinaria e 53 tra intensiva e semi intensiva. Ora circa il 66% dei pazienti è ricoverato per le conseguenze del Covid-19, mentre il restante 34% per altre patologie.

In Terapia intensiva, invece, il 90% pazienti è ricoverato per le conseguenze del virus.

Se si considerano solo i pazienti ricoverati per le conseguenze del Covid – spiegano i sanitari – il numero complessivo dei ricoveri è più basso sebbene non di molto, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo grazie soprattutto ai vaccini. "La malattia non è diventata più lieve. Continuiamo, purtroppo, a vedere pazienti gravi anche se con caratteristiche diverse – prosegue Girardis –. Di solito pazienti vaccinati hanno forti fragilità, con compromissione del sistema immunitario. I non vaccinati, invece, sono in genere persone senza particolari fragilità che quando arrivano in ospedale hanno spesso quadri di grave polmonite da Sars-Cov-2. Questo dimostra che, anche in presenza di Omicron, il vaccino preserva dalla forma grave della malattia".

Purtroppo, osservano i medici, nelle ultime settimane arrivano in ospedale sempre più pazienti gravi che hanno atteso troppo prima di rivolgersi al sistema sanitario, preferendo curarsi a casa con terapie inadeguate. "Se la mortalità media in terapia intensiva è del 30%, in un paziente che arriva in ritardo può salire sino al 70%". La ricerca di nuovi farmaci, soprattutto somministrati nelle prime fasi della malattia, ha aiutato comunque a prevenire il peggioramento che può portare al ricovero di una persona contagiata.

"Rispetto al 2020 e alla prima parte del 2021, quando di fatto la socialità era estremamente ridotta – ricorda Bertellini – oggi vediamo un maggior numero di pazienti che sono positivi ma arrivano in terapia intensiva a causa di un incidente o di una patologia grave. Questi pazienti devono comunque essere isolati, ma l’approccio terapeutico è completamente diverso".

Ma con questa malattia si dovrà convivere ancora a lungo e gli ospedali dovranno necessariamente riorganizzarsi. "Adesso vediamo un’occupazione di posti letto molto importante, che penalizza l’attività chirurgica e altre importanti attività – ricorda Bertellini –. Alla lunga non può diventare una situazione sostenibile. Indubbiamente ci dovremo abituare a una situazione in cui continueremo ad avere pazienti positivi in un numero importante e dovremo cercare un’organizzazione che non penalizzi le altre attività tenendo presente che avremo una percentuale di pazienti positivi e come tali andranno isolati".

Qualche segnale positivo, però, arriva proprio dalle corsie degli ospedali: da alcuni mesi l’accesso alle terapie intensive è libero per i familiari che possono far visita ai pazienti.

"Continuiamo a credere che il percorso di cura di un paziente in terapia intensiva vada condiviso con la famiglia".