Riscuotevano la pensione del padre morto

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CONTINUAVANO ad intascare la pensione di invalidità dal padre, che ogni mese l’Inps versava sul conto corrente del genitore. Ma l’uomo in realtà era deceduto nel 2013, all’estero. E suoi due figli, fratello e sorella di origini turche residenti da tempo nella zona ceramiche, avevano evitato con cura di comunicarlo all’ente di previdenza sociale o all’Ufficio anagrafe competente. Il raggiro è stato scoperto dalla Guardia di finanza di Sassuolo, imbeccata probabilmente da una segnalazione. Le indagini dei militari si sono concentrate innanzitutto sulla raccolta di informazioni presso l’Ufficio anagrafe del Comune in cui abitano i due indagati (in altrettanti appartamenti, ndr), nella banca in cui ancora risultava ‘acceso’ il conto per l’erogazione mensile della pensione e presso la sede Inps di Modena, dalla quale venivano di fatto gestiti i pagamenti. Poi le verifiche delle Fiamme gialle, attraverso una serie di sopralluoghi, hanno interessato l’abitazione nella quale risultava residente l’anziano, ma dell’uomo non è emersa alcuna traccia, così come su tutto il territorio nazionale. Né è mai esistita nelle banche dati italiane una comunicazione sul suo decesso. A quel punto, pur avendo già intuito i contorni della faccenda, i finanzieri sassolesi si sono rivolti a al Consolato generale turco per una conferma ufficiale, e dagli atti è risultato che il pensionato è morto in patria quasi 6 anni fa. Così la Procura modenese ha potuto ipotizzare, a carico dei due figli del deceduto, il reato di truffa ai danni dello Stato. Le successive indagini, coordinate dal pm Marco Niccolini, hanno anche portato a delle perquisizioni negli appartamenti dei due accusati e all’acquisizione delle carte che indicano tutti i movimenti bancari effettuati sul conto intestato al defunto. Dai primi riscontri è dunque venuto a galla che tra il 2013 e il 2018 i due fratelli turchi si sono accaparrati indebitamente più di 30mila euro, nascondendo volutamente alle autorità e agli enti competenti la morte del genitore. Cosa confermata, quest’ultima, dal fatto che gli accusati abbiano garantito in tutto e per tutto la continua operatività del bancomat personale del padre, del suo conto corrente e la corrispondenza per posta con l’istituto bancario in questione. Ora fratello e sorella rischiano fino a cinque anni di carcere e sono già stati segnalati all’Inps per l’avvio delle pratiche per il recupero integrale del provento illecito.