Rivolta in carcere a Modena: salgono a quattordici i poliziotti indagati

Si allarga l’inchiesta della Procura sui fatti dell’8 marzo 2020 al Sant’Anna. Gli agenti devono rispondere anche dei reati di tortura e lesioni.

Rivolta in carcere   Salgono a quattordici   i poliziotti indagati

Rivolta in carcere Salgono a quattordici i poliziotti indagati

Modena, 8 giugno 2023 – Non sono cinque ma quattordici gli agenti della polizia penitenziaria indagati per il reato di tortura nell’ambito della maxi rivolta all’interno del carcere Sant’Anna, avvenuta l’8 marzo del 2020. A seguito della rivolta persero la vita nove detenuti.

La procura di Modena aveva prorogato fino a maggio le indagini appunto, dal momento che erano in corso ulteriori e delicati accertamenti relativamente alle presunte torture. A seguito degli stessi sarebbero stati quindi iscritti nel registro degli indagati altri nove agenti della polizia penitenziaria, oltre ai cinque ‘iniziali’, che rispondevano di tortura e lesioni e che erano già stati sentiti direttamente dai magistrati titolari delle indagini nei mesi scorsi. Gli stessi si erano dichiarati assolutamente estranei ai fatti.

Un secondo ‘filone’ di indagine, svolto dalla squadra mobile ha portato quindi ad ‘’allargare’ l’accusa di tortura ad altri nove agenti nei confronti di due presunte vittime, entrambi marocchini di 23 e 24 anni. La richiesta di proroga era arrivata lo scorso novembre e appunto il termine era fissato a maggio ma la notifica agli indagati sarebbe avvenuta proprio in questi giorni.

A denunciare l’operato degli agenti erano stati gli stessi detenuti presenti il giorno della rivolta, che avevano spiegato di essere stati vittime di violenze e pestaggi. Ai nuovi agenti indagati sarebbero stati contestati comportamenti violenti e ‘atti di tortura’ nella fase successiva allo sgombero. A quanto pare, però, gli stessi devono ancora essere sottoposti ad interrogatorio.

Probabilmente a portare all’iscrizione dei nuovi nove indagati sul fascicolo è stata anche la testimonianza di un agente della polizia penitenziaria. L’agente denunciò che le violenze erano avvenute nei confronti di carcerati resi nel frattempo inoffensivi. ‘Vedevo i detenuti entrare in un modo e poi li vedevo uscire sanguinanti’ – aveva dichiarato all’epoca. In quelle drammatiche ore, lo ricordiamo, quattro detenuti morirono durante la rivolta e altri quattro nel corso dei successivi trasferimenti in altri penitenziari ma per quei decessi il fascicolo è stato archiviato da tempo. Le morti, infatti, secondo la procura erano legate ad overdose di metadone: i carcerati avevano saccheggiato la farmacia del penitenziario abusando delle sostanze. Le denunce dei familiari di due delle vittime erano contestualmente approdate sul tavolo della magistratura tunisina. Gli avvocati delle vittime, Simona Filippi e Luca Sebastiani, si erano rivolti anche alla Corte internazionale dei diritti dell’uomo. In questi mesi, dunque, le indagini sono state estese ad altri agenti ed ora si avviano a conclusione. Ricordiamo che sono invece settanta i detenuti indagati per aver preso parte e organizzato la ‘sanguinaria’ rivolta.