"Samantha era una vera guerriera, mamma instancabile e premurosa"

Le insegnanti della figlia alla camera ardente: "Lavorava senza sosta per dare il meglio ai suoi bambini"

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"Era una guerriera, per i suoi figli è stata sempre presente. Se n’è andata proprio adesso che aveva ritrovato la felicità".

Alle camere ardenti dell’ospedale di Sassuolo si sono susseguite per tutta la giornata di ieri le visite di parenti e conoscenti di Samantha Migliore, la 35enne morta giovedì 21 aprile dopo un’iniezione al silicone.

A vegliare sul corpo della donna una sua fotografia che la ritrae sorridente accanto all’immagine della Madonna. Di fianco la mamma, la sorella, ad accarezzarle il viso, il marito Antonio Bevilacqua, tra gli ultimi a vederla viva, passeggia con gli occhi gonfi di dolore intorno alla struttura, due chiacchiere con i presenti per ricordare Samantha, mentre i due figli più grandi si fanno forza tra loro. I più piccoli invece sono rimasti a casa di amici di famiglia, così come riferiscono due insegnanti – Anto e Clara – della scuola di Pozza frequentata dalla bimba di dieci anni: le docenti sono venute a portare un messaggio di cordoglio e vicinanza alla famiglia personale e da parte dell’istituto: "Era una donna che lavorava tanto, era una guerriera – dicono – subito dopo che l’abbiamo saputo pensavamo fosse morta di fatica tanto si dava da fare dalla mattina presto alla sera per non far loro mai mancare nulla. Riusciva a incastrare gli impegni di lavoro ed essere a disposizione dei suoi cinque figli. A scuola veniva a tutti i colloqui, non è mai mancata. Si interessava del rendimento, della disciplina, era partecipe della vita della scuola, la figlia è sempre stata curatissima".

Dopo quello che è successo due anni fa (quando l’ex compagno le sparò alla testa per fortuna solo sfiorandola) "la famiglia ha attraversato un periodo molto complicato – proseguono le insegnanti – ma adesso si era risposata da poco, aveva trovato un equilibrio. E’ morta proprio quando aveva riscoperto finalmente la felicità". Tutti i familiari presenti alla camera ardente (aperta anche nella giornata di oggi) sono affranti dal dolore: "Non riusciamo neanche a entrare nella stanza, non ne abbiamo la forza, vogliamo solo ricordarla come una donna speciale".

Lunedì pomeriggio alle 15 nella chiesa di Maranello è in programma l’estremo saluto, a cura delle onoranze funebri di Cristian Teggi. Il corpo sarà poi tumulato nel cimitero locale. Nel frattempo è partito l’iter giudiziario che dovrà stabilire cosa è esattamente accaduto a Samantha in quel terribile pomeriggio, quando nella sua abitazione di via Vespucci a Maranello è salita con Pamela Andress per un trattamento per sollevare il seno. Si è sottoposta a diverse punture a base di una quantità spropositata di silicone (pratica vietata da anni in Italia), come dimostrato da una prima evidenza emersa dall’autopsia. Il malore è arrivato subito dopo l’inizio del trattamento. I familiari si sono allarmati e hanno chiamato il 118. Un’amica di Pamela in questi giorni ha reso nota una versione diversa rispetto a quelle diffuse inizialmente. E cioè che non sarebbe stata lei a scappare non appena Samantha si è sentita male, ma il marito Antonio a dirle di andar via per non farsi trovare lì quando sarebbe arrivata l’ambulanza.

E anzi lui l’avrebbe anche aiutata a raccogliere le numerose siringhe e le vaschette d’alluminio utilizzate per la pratica.

Una ricostruzione però contestata con decisione dal legale di Antonio, l’avvocato Daniele Pizzi: "E’ successo esattamente il contrario. Il marito quando si è ritrovato la moglie esanime tra le braccia e si è accorto che Pamela non era più in casa ha cercato di ricontattarla immediatamente sul cellulare, sia provando a chiamarla, sia inviandole un messaggio, perché era necessario sapere quale sostanza avesse iniettato nel corpo, così da riferirlo ai medici e approntare le cure più opportune per salvare la donna". Di Pamela però – aggiunge – "non c’era più traccia e anzi aveva già spento il telefonino, addirittura sbarazzandosene perché, giova ricordarlo, il cellulare di Pamela non è mai stato trovato". Di fatto dunque, conclude il legale, "Pamela si è allontanata quando si è resa conto che la situazione si metteva male, disfacendosi del suo telefonino per evitare di essere rintracciata o che sullo smartphone potessero essere trovate prove a suo carico".

Gianpaolo Annese