
Anno nuovo, guai vecchi: "Quest’anno i posti assegnati a personale precario sono più di 2500. L’anno scorso sono stati 2700". La scuola, in parole povere, non riesce a uscire dal tunnel.
Abbiamo parlato, a pochi giorni dalla prima campanella, con la segretaria generale della Cisl Scuola Emilia Centrale, Antonietta Cozzo. Che ci ha confermato come, in piena continuità col passato, sul fronte docenti si continui a fare affidamento sui supplenti per occupare tutte le cattedre.
"La ’supplentite’ – dice amara – non si riesce a superare. L’unica nota positiva è che adesso, grazie all’informatizzazione delle procedure, i posti vengono assegnati con un po’ di anticipo. Anni fa si iniziava l’anno scolastico con diversi buchi ancora da riempire".
Pesa, su un sistema già in grossa difficoltà, anche la ’crisi delle voazioni’. "Le graduatore – spiega la sindacalista – si esauriscono in fretta perché oggi il mestiere dell’insegnante non è più appetibile. C’è bisogno di una rivalutazione delle retribuzioni e si dovrebbe lavorare anche sul riconoscimento sociale degli insegnanti, mai così basso".
Sul fronte economico, in particolare, Cozzo fa notare come, per un lavoratore chiamato a spostarsi da una provincia all’altra, il costo della vita e l’impennata degli affitti rappresenti uno scoglio spesso insuperabile: "Nelle condizioni di oggi lo stipendio iniziale di un docente non basta a sostenere queste spese". Per quanto riguarda il riconoscimento sociale, invece, la segretaria Cisl Scuola sottolinea l’importanza delle famiglie: "Se si dà valore alla scuola, anche i figli saranno portati a farlo. Ma i genitori, spesso e volentieri, si comportano come fossero i sindacalisti dei figli".
Come sempre, un capitolo a parte va dedicato al sostegno. Dei 2500 supplenti a cui si farà ricorso quest’anno, gli insegnanti di sostegno sono la metà. E stiamo parlando di personale che spesso e volentieri non è specializzato in quell’ambito. Il motivo? "In primis c’è la volontà politica, ormai evidente, di non stabilizzare i posti destinati al sostegno. Poi c’è il problema delle università che non creano le condizioni per formare più figure specializzate".
E’ evidente che una scuola con più figure stabili, sottolinea Cozzo, "avrebbe ripercussioni positive sui ragazzi, perché si garantirebbe continuità didattica. Ma ci troviamo ancora a combattere con i soliti problemi".
Un problema eccezionale, invece, ma che minaccia di diventare ’abitudinario’, è il Covid: con l’inizio delle lezioni alle porte, lo spettro delle restrizioni comincia già ad aggirarsi. "Di tutte le misure che erano state chieste per fronteggiare il virus – osserva Cozzo – non è rimasto praticamente nulla. Avevamo chiesto che fosse incrementato il personale Ata, siamo stati accontentati ma ora i numeri sono tornati quelli di prima. Duole ammettere – continua – che se si dovesse tornare a una situazione come quella passata, le scuole ripartirebbero da zero, con gli stessi strumenti che avevano prima. Non siamo stati in grado di ’dimezzare’ le classi e abbiamo ancora aule con 28 o anche 30 studenti. E’ un peccato perché si poteva approfittare dell’emergenza per portare veri miglioramenti, ma non è andata così".
d. m.