"Scuola, i vaccini un alibi: i veri problemi sono altri"

Gli insegnanti: "Non è così che si garantisce la ripresa in presenza. Bisogna intervenire sui trasporti e sul numero di alunni per classe"

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Macché rinascita e rinnovamento dopo l’emergenza Covid-19: in Italia abbiamo ancora un sistema d’istruzione "da Medioevo". Questa volta davanti all’Inquisizione sono finiti gli insegnanti, costretti a vaccinarsi per poter garantire l’avvio dell’anno scolastico in presenza. "Ma la prossima volta chi sarà il capro espiatorio? Forse gli studenti stessi? I politici e chi ci governa troveranno sempre un pretesto per poter giustificare l’inadeguatezza di chi deve garantire la fine della didattica a distanza". A meno di due mesi dalla riapertura delle scuole, l’umore tra il personale scolastico è questo. "Sembra un film vecchio, già visto e rivisto". Con qualche variante che in questo caso riguarda la campagna vaccinale che, secondo gli insegnanti interpellati, è soltanto "fumo negli occhi" per nascondere i problemi irrisolti da mesi. "Sono stata una delle prime ad aderire a febbraio alla campagna vaccinale – spiega Elisa Turrini, docete alle scuole Ferraris –. Il vaccino è importante ma non è l’unica condizione per garantire la scuola in presenza a settembre. Sul nostro territorio l’adesione è stata abbastanza alta, oltre il 70%, e va dato merito a insegnanti e personale scolastico anche per aver dato una testimonianza a tutta la popolazione". Se c’è stato un rallentamento della vaccinazione, secondo l’insegnante, è dovuto anche al caos comunicativo sull’impiego di AstraZeneca per vaccinare il corpo docente: "siamo stati sommersi da informazioni contradditorie che in alcuni casi hanno creato davvero il panico".

Di fronte a circa 1 milione di persone – tra insegnanti, bidelli e personale amministrativo – circa 200 mila in Italia non hanno ancora ricevuto una dose, chi per scelta chi per indecisione. "Difficile discutere le motivazioni dei singoli – precisa Davide Giardina, insegnante e attivista dell’associazione Priorità alla scuola –. L’obbligatorietà lascia sempre un po’ perplessi. Io penso che se si vuole convincere qualcuno a vaccinarsi sia molto più efficace utilizzare la persuasione. Introducendo queste misure probabilmente una parte di queste 200mila persone si vaccinerà o comunque avrà una spinta in più a farlo. A parte gli irriducibili no-vax, non ci si può dimenticare di chi ha avuto paura a seguito dei messaggi contrastanti arrivati negli mesi scorsi". L’annunciato obbligo a vaccinarsi entro la ripartenza a settembre, distoglie lo sguardo da ben altri problemi che preoccupano presidi, insegnanti, famiglie e gli stessi studenti. "Il capro espiatorio questa volta è il personale scolastico – prosegue Turrini –. Ma una volta terminata la campagna vaccinale per gli insegnanti, il capro espiatorio saranno i ragazzi e ci diranno che non potremo tornare in aula se prima non si saranno vaccinati tutti gli studenti".

Negli ultimi giorni "abbiamo sentito dichiarazioni sconcertanti su questo tema, ma nessuna in merito alle questioni che abbiamo denunciato da oltre un anno: i trasporti, gli spazi nelle strutture scolastiche, il numero degli studenti per ogni classe e i protocolli per garantire sicurezza. Su questi punti ci sono ancora troppe perplessità che ci portano a dire che a settembre sarà veramente difficile tornare alla didattica in presenza. Si parla tanto di rinascita ma qui siamo al medioevo dell’istruzione". L’auspicio per tutti è che non si debba più avere a che fare con lezioni online, videochiamate e interrogazioni a distanza. "Abbiamo visto il fallimento vero della Dad, di certo non per colpa nostra o degli studenti, ma perché è un sistema che non funziona – incalza Giardina –. Osservando i ragazzi quest’anno, ho visto in prima persona i risvolti sul piano psicologico e fisico. Nonostante i danni conclamati si persevera nell’errore e si annuncia la possibilità di impiegarla ancora a settembre".

Paolo Tomassone