"Scuola, organizzazione cambiata già otto volte"

Il preside del Fermi Paolo Pergreffi: "C’è molta stanchezza da parte di tutti. Affrontiamo i veri problemi: le aule sono sicure, bisogna intervenire sui bus"

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di Paolo Tomassone

Ogni scuola ha la sua peculiarità e non si può rivoluzionare l’orario e l’attività a tavolino, senza tenere conto delle diverse esigenze di docenti e studenti. Il vero "nodo" che andava affrontato sin dall’inizio della pandemia? È quello dei trasporti: o aumentano i mezzi o non si va da nessuna parte. Dialogando con il dirigente scolastico del Fermi, Paolo Pergreffi, si comprende il motivo per cui alla didattica in presenza per la totalità dei ragazzi non ci si potrà mai tornare. A meno che non arrivino entro l’estate nuovi investimenti, nuove aule, nuovi insegnanti e, appunto, nuovi autobus.

Professore, a quel 70% in presenza davvero non ci si poteva arrivare?

"È stato introdotto in fretta, come un rimedio da un giorno all’altro. Le scuole hanno dovuto modificare in due giorni tutto l’orario ed è l’ottava volta che lo facciamo quest’anno. Non si è tenuto in considerazione che ci sono tipologie di scuole diverse: un conto sono i licei dove si svolgono cinque ore di lezione al giorno; un conto sono gli istituti tecnici con in media sei ore di lezione e diverse di queste in laboratorio. Chi è fuori dalla scuola spesso non si rende conto della complessità di organizzare l’attività per tutte le classi, avendo tra l’altro a disposizione spazi molto ristretti, con una crescita dell’utenza negli ultimi dieci anni".

Al tavolo in prefettura, però, si era arrivati a un accordo.

"Sì ma ogni volta è un gioco di incastri; bisogna tenere conto di una miriade di fattori: gli ingressi, le uscite, gli intervalli … non si può cambiare di punto in bianco. Abbiamo cercato di adeguarci sempre all’andamento dei contagi e il 50% in presenza ci dava la possibilità di gestire le esigenze di tutti fino alla fine dell’anno. Non dimentichiamo che da gennaio siamo stati piuttosto penalizzati, potendo proporre in presenza solo attività di laboratorio. C’è molta stanchezza da parte di tutti. Non è solo una questione di noi presidi o insegnanti, anche le famiglie si devono organizzare. Venire a scuola ha un suo vantaggio se c’è regolarità".

Perché in questi mesi non si sono utilizzati altri spazi, come oratori e polisportive?

"È un’ipotesi poco percorribile. Forse per il primo ciclo di scuola potrebbe funzionale, ma il secondo ciclo ha bisogno di spazi particolari e tutti cablati; ci sono normative molto stringenti per la sicurezza, non si può spostare di punto in bianco in un edificio che non è nato come scuola".

C’è il rischio che a settembre ci si ritrovi nella stessa situazione?

"Dipende molto dai comportamenti dei ragazzi e delle famiglie quest’estate. Lo scorso anno la pandemia sembrava fosse sparita, poi abbiamo visto cosa è successo".

Il tavolo permanente in prefettura farà le sue valutazioni.

"Sì, è un tavolo importante, ma il nodo è quello dei trasporti: non si può che aumentare il numero dei mezzi e delle corse. Non ci sono escamotage".

Sono stati commessi errori?

"Forse quello di cercare soluzioni transitorie senza affrontare il nodo vero. I ragazzi, fin da quando andavo a scuola io, nei bus vengono pressati come sardine. Le scuole hanno dimostrato che riescono a garantire la sicurezza dentro gli edifici. Il problema rimane quello dei traporti".

Insisto, non si potrebbe valutare l’utilizzo di altri locali?

"Aumentare il numero dei locali può essere una soluzione per abbassare il numero di studenti per aula, che ora in media sono una trentina. Bisognerebbe costruire nuove scuole o adibire altri locali, ma questo è un lavoro che richiede mesi, non si improvvisa. Abbassando a venti il numero medio di studenti per classe, garantiremmo una scuola migliore oltre che più sicura. Gli enti locali dovrebbero valutare questo investimento, visto che le iscrizioni aumentano anno dopo anno, almeno fino al 2026, quando poi è previsto un calo drastico alle scuole superiori".