«Se la notizia supera la fantasia...»

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Un almanacco di news talmente vere da sembrare fake: ’Questa non me la bevo’ è la nuova fatica letteraria fresca di stampa, edita da Ultra, di Cristiana Minelli. Modenese, si occupa di comunicazione e dirige la rivista ’Manzini Magazine’. Il 22 novembre alle 18.30 presso Emily Bookshop, divia Fonte d’Abisso, la prima presentazione modenese con Roberto Barbolini, a seguire ‘Me la bevo Party’.

Cristiana, come nasce l’idea del libro?

«Beh, per legittima difesa. Certe notizie sono un po’ come l’olio di palma, dopo un po’ ti sfiniscono. E anche certi tormentoni, come quello delle fake news. A un certo punto non si parlava d’altro. Non si poteva accendere la tv, ascoltare una trasmissione radio, parlare con qualcuno, senza sentire nominare il fenomeno delle fake news, che, per inciso, sono sempre esistite: una volta si chiamavano bugie. Divenute un micidiale strumento di propaganda, o contropropaganda di massa, grazie alle nuove tecnologie, si erano prese prepotentemente la scena. Così ho cominciato a notare che la stampa offriva uno spazio di nicchia a notizie bislacche, talmente vere che sembravano fake. A partire dalla scoperta che c’è un posto nel mondo dove non si può né nascere, né morire, che il capo Sioux Cervo Nero sarà presto santo, che un uomo si è dichiarato pronto a lanciarsi con un razzo costruito da lui stesso per scattare una foto del nostro pianeta e dimostrare che la terra è piatta. E certo anche che a Carpi un uomo è stato beccato ubriaco alla guida. Vestito da water».

In un mondo globalizzato – soprattutto virtuale – dove dominano le fake news, sei riuscita a trovarne di vere ma talmente assurde che sembrerebbero false… Come ci sei riuscita? Quanto hai dovuto cercare e che selezione hai fatto?

«Quando ho conosciuto Ferran Adrià, star di prima fila nella galassia degli chef, mi ha detto che la cosa più importante quando si cucina un buon piatto è ’oler’, odorare. E io, anche se per la verità non ho mai imparato a cucinare, gli ho dato retta. Quando scrivo, faccio la stessa cosa. Annuso. Il fiuto, la curiosità, la pazienza e il lavoro duro, sono gli unici veri ingredienti che ho sempre utilizzato. Molte storie si sono raccontate quasi da sole, nel senso che ho raccolto testimonianze dirette. Tu sei una notizia in carne ed ossa, ad esempio, perché ti hanno sparato per strada con un fucile da sub. E mi stai intervistando. Non sembra incredibile? Ho letto una quantità di quotidiani nazionali e internazionali. In casa ce n’è dappertutto. E ho fatto una selezione che si potrebbe chiamare ’sentimentale’. Di notizie ne ho scartate tante, ma di quelle selezionate non potevo davvero fare a meno».

Il tuo libro fa riflettere sorridendo sul ruolo fondamentale della comunicazione oggi, in un ambito come quello delle notizie: cosa ne pensi come giornalista?

«Che la stampa dovrebbe imparare a prendersi un po’ più sul serio, rifiutandosi, ad esempio, di essere troppo subordinata al ruolo di megafono del potentato di turno e anche che potrebbe avere meno paura di divertirsi, qualche volta, nel raccontare i fatti. Il linguaggio, non certo perché lo dico io, non è solo uno strumento di comunicazione, è il fondamento della natura umana».

Come hai convinto Vittorio Orsenigo a farti la prefazione?

«Se lo chiedessi a lui ti risponderebbe che è perché siamo spie internazionali e come tali il mutuo soccorso non è facoltativo. La verità è che questo signore novantatreenne dai molti talenti, regista, scrittore, pittore e studioso di barriere coralline, è circondato da un’aura surreale che in qualche modo gli appartiene e allo stesso tempo trabocca umanità e generosità davvero rare».