Si fa teatro tra i banchi di scuola

Grande successo del progetto «Classi in scena» nelle scuole medie e superiori in città e provincia

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Prendere versi eterni - da Amleto a Otello, passando per l’immancabile ‘Romeo e Giulietta’ - e portarli dove nulla conta più del qui e ora: tra i banchi di scuola. Ci vuole un certo metodo perché funzioni. Metodo che l’associazione culturale modenese Sted, al suo undicesimo anno di lavoro con le classi di scuole medie e superiori della nostra provincia, conosce bene. A testimoniarlo sono i professori stessi che, ammettono, i ragazzi così coinvolti li vedono raramente. Facciamo un passo indietro, alla scoperta del meccanismo che dà vita a questo progetto chiamato ‘Classi in scena’, rivolto alle scuole medie inferiori e superiori di Modena e provincia.

C’è innanzitutto una squadra, composta da artisti professionisti tra attori, musicisti e danzatori, inseriti nel tessuto culturale cittadino e formati in contesti nazionali e internazionali. Questa squadra offre un ventaglio di spettacoli che toccano autori come Shakespeare, Beckett e Pirandello (ma anche l’attualissimo ‘Disperato erotico wc’ di e con Catia Gallotta e Bianca Ferretti, vincitore del bando Lumintenda 2017) tra cui i professori, a seconda dei vari programmi scolastici, possono scegliere. Questi spettacoli vengono poi presentati all’interno delle classi: l’aula si trasforma in palcoscenico. Ma il segreto del successo è che non ci si limita alla ‘semplice’ rappresentazione: gli attori, durante la messa in scena, coinvolgono direttamente gli studenti trasformandoli da spettatori passivi a protagonisti del racconto. Non solo, dopo ogni spettacolo è previsto un momento di discussione e confronto tra studenti, professori e attori. E’ questa la chiave per «farsi largo tra i sentimenti dei ragazzi e creare una connessione con loro in grado di diventare un rapporto personalissimo e allo stesso tempo collettivo - spiega la professoressa Giusy Mauceri dell’istituto Fermi di Modena che, da diversi anni, partecipa al progetto -. Il successo più grande avviene a fine spettacolo, quando i ragazzi chiedono: «Lo rifacciamo?». E’ un obiettivo importante, perché il teatro è visto come astratto, lontano e difficile da affrontare. Attraverso questi spettacoli riusciamo a rompere una barriera, cadono i pregiudizi e le differenze, lo studente si immedesima con i sentimenti dei protagonisti, i lati oscuri dell’essere umano, scoprendo come sono sempre attualissimi».

Fino al raggiungimento della catarsi: «Alla fine dello spettacolo i ragazzi non si limitano ad applaudire gli attori, ma si applaudono anche tra di loro», spiega la professoressa Sofia Carrara, del liceo scientifico Fanti di Carpi. Un esempio della forza di questi incontri tra teatro e ragazzi? «Una studentessa davanti a Otello - spesso scelto dalle scuole per parlare di violenza di genere - cominciò a piangere, dicendo che nei maltrattamenti a Desdemona vedeva sua madre», racconta la professoressa Anna Tagliavini delle medie Ruini di Sassuolo. Testimonianze, queste, che chiariscono l’obiettivo finale di ‘Classi in scena’: «Offrire alternative di approccio al sapere e nuove modalità di istruzione attraverso il teatro, che entra in aula in tutta la sua totalità e il suo fascino rompendo il confine tra spettatore e artista. Gli studenti vedono un’arte muoversi e formarsi», conclude Tony Cortantese, presidente dello Sted. Unica pecca: la spesa del biglietto è a carico degli studenti. A lanciare l’appello alle istituzioni ci ha pensato Stefano Ragazzi, professore del Corni: «L’amministrazione dia soldi alle scuole per il teatro, per mantenere il livello delle offerte culturali alto ovunque. Non creiamo istituti di serie A e di serie B».