Si licenzia e resta in Africa per aiutare i bimbi orfani

La dottoressa Roberta Copelli ha lasciato il Ramazzini per seguire il suo cuore: "Anno difficile, ho preso sei volte la malaria. Servono donazioni dall’Italia"

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Per lungo tempo ha lavorato all’ospedale Ramazzini di Carpi come dottoressa in dietistica. Nel corso degli anni, però, ha capito che il suo destino era un altro: quello di aiutare i bambini del Benin e così si è licenziata per restare in Africa. Una vera e propria missione per la carpigiana presidente di Buona Nascita Odv Roberta Copelli. Roberta quasi un anno e mezzo fa si è trasferita a Cotonou, la città più popolosa del Benin e ha recentemente inaugurato tre dormitori per i tanti piccoli orfani ospiti appunto di un orfanotrofio che la dottoressa carpigiana contribuisce a gestire. Roberta, però, si appella al grande cuore dei modenesi affinchè adottino a distanza i 65 bambini rimasti senza famiglia, al fine di garantire loro un futuro. "È un progetto dell’associazione Buona Nascita odv in partenariato con la Fondation Soyimavo, il cui presidente è il cantante Dibi Dobo – racconta la dottoressa – ho lottato contro il covid, contro la malaria e con i tanti problemi che si riscontrano vivendo in Africa ma sono felice della scelta che ho fatto. Nel luglio 2021 sono partita, ho preso un anno di aspettativa e questo mi ha permesso di essere qua, di seguire personalmente il progetto di Buona Nascita e i lavori. Quando faccio le raccolte fondi porto io gli aiuti e controllo che le cose vengano fatte bene. Lo scorso anno – spiega – abbiamo fatto una missione operando circa cinquanta bambini albini: hanno la pelle macchiata dal sole che si trasforma poi in tumore e siamo intervenuti. Nel frattempo abbiamo iniziato a seguire il progetto dell’orfanotrofio: una realtà molto bella. Il direttore è una persona speciale, un professore di una scuola che pian piano ha iniziato ad accogliere orfani. I bimbi hanno iniziato ad aumentare sempre più; quindi ha costruito due scuole nell’orfanotrofio per poterli seguire all’interno, un dormitorio e quando l’ho conosciuto i bambini erano circa una trentina. Abbiamo iniziato a sostenerli con aiuti a spot: portando da mangiare, qualcosa per la scuola ma senza veri e propri sostegni a distanza. Quest’anno, i bimbi erano 65 e non avevano sufficienti letti e soprattutto una struttura. Abbiamo fatto una raccolta fondi e siamo riusciti a costruire tre dormitori e allestirli con letti, materassi, lenzuola per tutti i bambini. Anche perchè c’è il problema della malaria e mi sembrava il minimo garantire loro una condizione dignitosa. Il problema è che i bambini sono tanti e occorre sostenerli a distanza con le spese tra cibo, medicine, scuola e abbigliamento. Essere qua non è facile: sono lontana da casa ma sono anche convinta che la vita sia una e bisogna fare delle scelte. A luglio mi sono licenziata dall’ospedale per rimanere in Benin dove ormai vivo da un anno e tre mesi. Lo scorso anno è stato difficile, ho preso la malaria sei volte e ammalarsi qua è complicato ma il mio spirito è quello di andare avanti. Senza l’aiuto dell’Italia ed un sostegno concreto, però, si riesce a fare poco".

Valentina Reggiani