Strage di Corinaldo, spunta un giro di armi: arrestato Ugo Di Puorto

Il ventenne, figlio del boss, condannato per la tragedia in discoteca, in un altro fascicolo collegato. Quattro misure cautelari, c’è l’aggravante mafiosa

Ugo Di Puorto, arrestato in un’inchiesta che ipotizza a vario titolo la detenzione di armi

Ugo Di Puorto, arrestato in un’inchiesta che ipotizza a vario titolo la detenzione di armi

Modena, 19 ottobre 2021 - Mettevano a disposizione le armi per il clan. Lesioni personali, detenzione abusiva di armi e munizioni, ricettazione, detenzione di droga e violenza privata, con l’aggravante del metodo mafioso. Si apre una nuova ‘pagina’ nella tragica vicenda della strage alla Lanterna Azzurra di Corinaldo. Parliamo della ‘banda dello spray’, ovvero il gruppo composto da giovani modenesi condannati in abbreviato con pene dai 10 ai 12 anni di carcere perchè accusati aver provocato la morte di cinque minorenni e una mamma nella discoteca la notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018, spruzzando spray al peperoncino nel locale per compiere delle rapine.

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In questo caso al centro delle indagini del Nucleo Investigativo di Ancona c’è la disponibilità di armi da parte di alcuni soggetti coinvolti in quella vicenda, residenti a Castelfranco e nella Bassa e che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale di Bologna, su richiesta della procura e della Dda di Bologna, nei confronti di 4 persone (3 in carcere e 1 ai domiciliari), indagate, a vario titolo, in concorso dei citati reati. Tra questi figura in primis il figlio del boss detenuto, riconosciuto reggente del clan dei Casalesi per la provincia di Modena: parliamo di Ugo Di Puorto, ventenne figlio di Sigismondo, autista e poi successore di Schiavone. Ma c’è anche Giovanni Mormone, 50 anni, padre di Raffaele, condannato a 12 anni e 3 mesi per la strage. Entrambi sono in carcere al pari di Vincenzo Spinelli, uno dei ‘soggetti’ che avrebbe appunto custodito e messo a disposizione le armi per il clan insieme all’altro arrestato, Nicola Cantiello ora ai domiciliari.

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Le indagini per questo ultimo filone si erano aperte a marzo, quando i militari del nucleo investigativo avevano effettuato diverse persquisizioni, otto in tutto (che avevano portato appunto a cinque indagati) trovando due pistole provento di furto e oltre duecento munizioni e 230 grammi di cocaina a casa di un operaio 50enne di origini campane ma da tempo residente in provincia e subito arrestato. Le successive indagini avevano portato a scoprire come appunto il giro di armi fosse gestito dagli odierni arrestati e come il 50enne fosse un semplice ‘custode’ delle stesse, assoldato proprio poiché insospettabile.

I successivi accertamenti avevano quindi messo in luce come Di Puorto potesse contare su una rete di contatti insospettabili anche per procurarsi armi da fuoco, continuando ‘il lavoro’ del padre, detenuto in regime di alta sorveglianza per portare avanti gli affari del clan. Le indagini scattano a seguito di una banale lite tra il giovane figlio del boss e un altro ragazzo, Di Puorto lo aveva malmenato nel piazzale della chiesa a Castelfranco, durante il funerale di un altro componente della banda, morto poi nell’aprile 2019 in un incidente, poichè la vittima aveva appoggiato una lattina sulla sua auto. Dopo la lite Di Puorto aveva quindi interpellato gli altri destinatari del provvedimento cautelare – che da tempo si erano messi ’a disposizione’ del clan – affinché gli procurassero un’arma da utilizzare per risolvere la controversia e conducessero la vittima dinanzi al suo stesso aggressore. "Devo trovare una pistola. Devo regolare i conti’ – aveva detto Di Puorto nel rivolgersi ai suoi ‘contatti fidati’ Giovanni Mormone, Spinelli e Cantiello –. Ieri, al termine del nuovo filone di inchiesta, i militari hanno quindi eseguito le ordinanze di misura cautelare nei confronti degli indagati".