Tamerlano, se il ’pasticcio’ è firmato Vivaldi

Al Pavarotti-Freni il gioiello eseguito dall’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone: "Per scoprire la modernità del barocco"

Tamerlano, se il ’pasticcio’ è firmato Vivaldi

Tamerlano, se il ’pasticcio’ è firmato Vivaldi

di Stefano Marchetti

Vi innamorerete di questo ’Tamerlano’, della forza e dell’incanto che musiche di quasi 300 anni fa riescono tuttora a donarci. E della capacità di queste arie di superare i secoli, di andare oltre il tempo, in un mondo futuro dove l’oscurità diventi luce, la guerra finisca e ’coronata di gigli e di rose cogli amori ritorni la pace’. Dopo il debutto a Ravenna, stasera alle 20 e domenica 5 alle 15.30 arriva al teatro Comunale Pavarotti Freni ’Il Tamerlano, ovvero la morte di Bajazet’ di Antonio Vivaldi, nel nuovo allestimento affidato all’esperienza dell’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone (che la rivista ’Gramophone’ ha premiato come migliore orchestra europea) e alla sorprendente visione registica di Stefano Monti. Le voci sono di altissimo livello, i controtenori Filippo Mineccia e Federico Fiorio, il baritono Bruno Taddia, il contralto Delphine Galou, il mezzosoprano Shaked Bar e il soprano Arianna Vendittelli.

’Tamerlano’ è un’opera particolare, un ‘pasticcio’. Antonio Vivaldi, che era un abile imprenditore, aveva invitato vari compositori a scrivere arie e le aveva ‘montate’ ad arte: per questo nella struttura musicale troviamo brani scritti dallo stesso Vivaldi, ma anche da Geminiano Giacomelli o Riccardo Broschi, fratello del celebre Farinelli, stella dell’opera del ‘700. "Qui la parola ‘pasticcio’ non ha una connotazione negativa – spiega il Maestro Dantone –. All’epoca era un espediente per velocizzare la messa in scena e per proporre al pubblico ciò che si sapeva avrebbe ‘funzionato’. Vivaldi viaggiava con un repertorio di ‘arie da baule’, cavalli di battaglia sempre pronti, e a volte erano gli stessi cantanti a indicargli le loro preferenze".

I nostri anni hanno visto una grande riscoperta del barocco, "si è capito che quel linguaggio musicale poteva essere coerente e comprensibile, capace di trasmettere emozioni", aggiunge Ottavio Dantone che ha lavorato a lungo sul ’Tamerlano’, realizzandone anche una pregevole incisione. Poiché nella partitura cinque arie mancavano di musiche (si era conservato solo il testo), rispettando i ‘codici’ usati all’epoca lo stesso Dantone ha individuato alcune arie di compositori che potessero rispettare la metrica e la prosodia originale e le ha integrate. "Mi sono comportato esattamente come faceva Vivaldi", sorride.

Non era facile portare in scena il ’Tamerlano’ e per Stefano Monti è stata davvero una sfida. "Ho cercato di ridare a queste musiche una teatralità visiva", dice il regista. Ogni personaggio, così, ha un ‘doppio’, un alter ego sulla scena, un ballerino della DaCru Dance Company (con le coreografie di Marisa Ragazzo e Omid Ighani) che con le movenze dell’urban fusion diventa come un’ombra del cantante, un’estensione della sua anima. "Il canto incontra la danza e il teatro di figura", spiega Monti, mentre in scena si muove un enorme monolite alla Kubrick che evoca la ‘maraviglia’ delle grandi macchine barocche, si ammirano le scene dipinte da Rinaldo Rinaldi e Maria Grazia Cervetti, e fantastiche videoproiezioni in 3D danno una spazialità futuristica. I costumi evocano atmosfere da fantascienza, di un tempo fuori dal tempo: "Tutto s’incentra sulle passioni, fino alla follia, il sublime si mescola con il terribile, la bellezza con la brutalità – sottolinea Monti –. Che poi altro non sono che la continua oscillazione fra l’alto e il basso della vita". Anche per questo, il barocco si dimostra veramente capace di ‘parlarci’: "È moderno – conclude Dantone – perché lo riconosciamo anche oggi".