Modena, mette le telecamere nel bagno delle dipendenti: condannato

Coinvolto un pasticcere, che è stato scoperto dalle quattro lavoranti

Le indagini della polizia (immagine di repertorio)

Le indagini della polizia (immagine di repertorio)

Modena, 2 maggio 2022 - Imprenditore e titolare di una nota pasticceria di Modena, scoperto per aver messo delle telecamere nel bagno delle quattro dipendenti, che lavoravano per lui. Una delle donne si era insospettita dopo aver trovato una 'cimice' che bloccava il portarotoli della carta igienica posizionato davanti al wc e un altro 'occhio indiscreto' aveva subito trovato alle spalle del wc.

Ora la Cassazione - e nulla importa che il macchinario non abbia 'rubato' nessuna immagine - ha confermato la condanna inflitta al pasticcere Mauro M. dalla Corte di Appello di Bologna nel febbraio 2020 per tentata violazione della privacy. Senza successo i suoi legali, gli avvocati Cosimo Zaccaria e Alessia Massari, hanno sostenuto che l'impianto era stato fatto alla 'carlona' dallo stesso pasticcere, oggi 54enne, e non era idoneo a captare immagini. L'impianto poi era stato subito scoperto e lo stesso Mauro aveva confessato, messo alle strette dalle dipendenti, la mattina del 29 settembre 2012 appena si erano accorte della 'novità' e, infuriate, gliene avevano chiesto conto.

Due - Esther e Manuela - si sono licenziate e costituite parte civile nel processo. Ad avviso degli 'ermellini', l'aver collocato le telecamere era già una azione mirata "a garantire l'indiscrezione tecnologica", se poi l'imputato non è riuscito materialmente nell'intento, resta comunque in piedi la condanna per tentata interferenza illecita nella vita privata altrui e il "fatto storico" è stato accertato "con giudizio completo, logico e fondato".

Non è nota l'entità della pena, si sa che in primo grado erano stati inflitti otto mesi, poi diminuiti in appello, e che la concessione della condizionale era stata subordinata al pagamento di una provvisionale, in favore delle due dipendenti più decise ad andare fino in fondo. In loro favore la Cassazione - verdetto 17065 della Quinta sezione penale, presieduta da Rossella Catena, relatrice Elena Carusillo - ha condannato il pasticcere a rifondere con oltre 2.500 euro ciascuna le spese di costituzione di parte civile, e dopo aver dichiarato "inammissibile" il suo reclamo lo ha condannato anche al pagamento di 3mila euro alla Cassa delle Ammende.