Tigella, un libro ’verità’ "Tremila anni di storia"

Gabriele Abdelouahad indaga le origini dei dischi in terracotta: "I simboli impressi permettono una classificazione precisa"

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"La tigella è lo strumento di cottura della crescentina, un disco in terra refrattaria". Lo si sente ripetere spesso nel Frignano da quando, alcune settimane fa, Barilla ha lanciato la sua Tigella e ora indica anche come farcirla. Cioè: "con pesto modenese", oppure "con affettati, formaggi e carne". Poi, forse a seguito del polverone sollevato dai tanti difensori del termine crescentina, nel sito aziendale del Mulino Bianco si legge: "Tigelle o Crescentine? Potete chiamarle come volete, ciò che conta è gustarle". Intanto anche la Coop ha negli scaffali le sue Tigelle con stampato sulla confezione il marchio ‘Tradizioni e sapori di Modena’, della Camera di Commercio, che precisa ‘Crescentina (Tigella) di Modena’. Per saperne di più sulla tigella, è uscito in questi giorni il libro ‘La Tigella, 3000 anni di un formidabile strumento di cottura’, Adelmo Iaccheri Editore Pavullo, che racconta la storia di questo disco in terracotta refrattario al calore, con diametro di circa dieci centimetri, e alto un centimetro circa, decorato in bassorilievo, utilizzato appunto per cuocere le crescentine. Ne è autore Gabriele Abdelouahad, di Spezzano di Fiorano, che precisa: "È solo una coincidenza l’uscita contestuale alla discussione tigelle – crescentine. Io sono interessato alla storia della ceramica e della tipografia, e la tigella è un disco in terracotta stampato". Il termine tigella è ormai dilagato e affermato in pianura e adottato in parte in Appennino. "A seguito dell’errore di significato – spiega Abdelouahad – si è mantenuto nel tempo il termine tigella che altrimenti sarebbe scomparso o conosciuto da pochissimi. Sono anni che nei ristoranti o in casa non si cuociono più le crescentine nelle tigelle, se non in rarissimi casi. Il nome crescentina deriva dal fatto che l’impasto, posto in cottura fra due tigelle, si gonfia con il calore, cresce. Non si trova nemmeno più chi costruisce le tigelle". Abdelouahad, nel suo libro, indaga sull’origine della tigella, che risale a prima dell’invenzione della ceramica, e sui vari simboli che vi sono impressi.

"Come strumento di cottura – afferma – la tigella è legata a elementi molti antichi, è uno degli strumenti più utilizzati in Appennino dopo la pietra. Essendoci impressi dei simboli ci permette di fare una classificazione più precisa. I simboli sono principalmente astratti, molti dei quali risalgono al periodo romano e preromano e alcuni al paleolitico, perché sono diffusi in tutte le culture del mondo. L’araldica è assente. Molte le rappresentazioni sacre, legate alla fertilità della terra e ai cicli stagionali. Nel libro ho inserito la storia dell’usanza di stampare il pane, di usare dei timbri o delle matrici per imprimervi un simbolo".

Walter Bellisi