
Sassuolo, Nabil Hmadine, il 41enne marocchino, vuole solo dimenticare. Per la sua vicenda condannati a 4 anni due assistente della Polizia locale.
"Io droghe? Non ho mai nemmeno fumato nemmeno una sigaretta!". Nabil Hmadine è un uomo di poche parole, e soprattutto non ha voglia di affrontare di nuovo la lunga vicenda giudiziaria che l’ha visto al centro come parte offesa; vicenda per la quale due assistenti della polizia locale di Sassuolo sono stati condannati a quattro anni per il grave reato di tortura, mentre due agenti sono stati prosciolti per non avere commesso il fatto.
Lo incontriamo nello studio del suo legale, l’avvocato Caterina Arcuri di Castellarano. Marocchino di Rabat, 41 anni, in Italia dal 2007, Nabil vive a Viano, in provincia Reggio Emilia e fa l’elettricista per un’azienda di Sassuolo. Soffre di diabete, malattia che gli provocò quella sera del 15 ottobre 2021 una grave crisi ipoglicemica, crisi scambiata dagli agenti per l’effetto di sostanze stupefacenti.
"Io quella sera ero uscito dal lavoro – ricorda- volevo fermarmi per prendere una pizza da portare a casa, appena ho appoggiato la moto ho cominciato a sentirmi male, mi sono seduto per terra, ricordo quando è arrivata l’ambulanza, quando mi hanno caricato ma, poi per me è buio". Quello che è successo dopo è storia. Nabil viene trasportato all’ospedale di Sassuolo. E’ in stato confusionale, passa da momenti di incoscienza a momenti di agitazione in cui si dimena. E’ in quel momento che intervengono gli agenti della polizia locale per cercare di contenerlo, ed è in quel momento che cominciano gli eventi contestati dalla Procura dopo la denuncia sporta dagli operatori sanitari in servizio al pronto soccorso che hanno avvisato la dirigenza dell’ospedale. Denuncia secondo la quale gli operatori della polizia locale avrebbero strattonato, immobilizzato e percosso l’uomo.
Chiediamo a Nabil cosa direbbe a questi poliziotti se dovese incontrarli. "Non voglio dire niente, non ne voglio parlare, non ho alcun rancore dei loro confronti – risponde - voglio solo dimenticare e andare avanti con la mia vita".
"Nabil Hmadine, la persona offesa – afferma l’avvocato Arcuri - ha affrontato tutto questo con umiltà e silenziosa forza. Non ha mai chiesto vendetta, non ha mai pronunciato parole di odio. Ha semplicemente sperato che la verità potesse essere ascoltata e che qualcuno riconoscesse ciò che ha vissuto".
Emanuela Zanasi