Trapianto di rene con il robot tra due sacerdoti 'non compatibili'

Modena, il commovente racconto di don Eustache, prete livornese che con la sua generosità ha salvato il ’collega’ Jean Michel. L’equipe di Fabrizio Di Benedetto ha reso possibile il buon esito

I due sacerdoti con i medici del Policlinico (Foto Scano)

I due sacerdoti con i medici del Policlinico (Foto Scano)

Modena,  13 maggio 2021 - I loro paesi d’origine sono divisi fin da i tempi coloniali, ma nell’unità della loro fede due sacerdoti, grazie ad un eccezionale intervento di trapianto di rene da vivente tra soggetti non compatibili per gruppo sanguigno che si svolto tra le mura del Policlinico, don Eustache della Repubblica democratica del Congo e don Jean Michel del Congo sono diventati un esempio di fraternità e solidarietà che ha toccato le "corde" anche di Papa Francesco. "Chi è che ci ha insegnato che si può donare gratuitamente senza avere essere parenti?". E’ la domanda retorica a commento dell’accaduto di Simone Giusti, vescovo della diocesi di Livorno, che ha poi spiegato che "Con tutte le polemiche che ci sono in giro, sono ancora una volta gli africani che ci dicono cosa sia la solidarietà. Dove c’è un senso di fratellanza e un senso di famiglia si fanno cose grandi".

Non ha voluto mancare per portare la sua testimonianza il prelato toscano che insieme al vescovo di Modena-Nonantola Erio Castellucci sono intervenuti alla conferenza stampa dell’Azienda ospedaliero-universitaria per sottolineare l’importanza del traguardo raggiunto dal centro trapianti, ormai assurto a struttura di eccellenza nazionale. I due sacerdoti si sono conosciuti in Italia dopo l’arrivo di don Eustache, il donatore, giunto per svolgere studi teologici, mentre don Jean Michel, il ricevente, era in Italia da parecchi anni, dove esercitava il suo sacerdozio in una parrocchia della provincia toscana, anche se dal 2017 per l’aggravarsi della malattia era stato sollevato dall’incarico e aggregato come cappellano della cattedrale di Livorno. L’incontro è stato casuale, favorito da una assemblea del clero, in cui il vescovo livornese aveva fatto presente che Jean Michel, molto malato, non aveva ancora ricevuto la convocazione per il trapianto. "Quando ne ha parlato" dice don Eustache "mi sono ricordato di quello che avevo appreso in seminario, della storia del vescovo del seminario che aveva ricevuto il rene da un parente. Così mi sono offerto. Questo è successo tre anni fa e dopo mi sono presentato a don Jean Michel dicendogli che se non avesse trovato niente, io ci sarei stato".

La disponibilità di Eustache però è stata inizialmente accolta con scetticismo dal parroco livornese. "Ho dovuto insistere più di un anno, facendo intervenire numerosi amici perché spiegassero a lui che non stavo scherzando e lo rassicurassero che era davvero una cosa che usciva dal mio cuore" continua don Eustache. Solo più avanti il sacerdote livornese si è convinto a chiedere "l’opportunità di vivere ancora un poco".

"Siamo tanti nella mia famiglia" spiega don Jean Michel "ma nessuno mi ha fatto questa proposta, eppure hanno studiato, quindi sanno che il trapianto è una cosa possibile". Non è stato facile comunque arrivare al giorno del trapianto. Il calvario di don Jean Michel è continuato ancor per mesi tra attese infrante e speranze. Il sangue dei due sacerdoti non era compatibile e solo a settembre 2020 grazie alla disponibilità del Policlinico si è potuto iniziare l’approccio all’intervento, eseguito dalla equipe di Fabrizio Di Benedetto, reso possibile grazie al trattamento farmacologico cui la struttura di nefrologia, diretta da Gianni Cappelli, ha sottoposto per un mese Jean Michel. "Nel momento in cui ero già pronto per tornare in Africa e avevo promesso alla mia diocesi che sarei rientrato a giugno di quest’anno, ho dovuto accettare di fare il percorso di preparazione che si è concluso con l’intervento eseguito con successo il 3 marzo" afferma don Eustache.