Trolley, sportine e bimbi in lacrime Viaggio sul confine della speranza

Da Przemysl a Medyka, centro sulla frontiera dove arrivano migliaia e migliaia di persone in fuga. La comitiva di Confapi ha soccorso nove profughi, sul campo anche i volontari Unitalsi ed Hesperia Bimbi

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dall’inviato

di Francesco Vecchi

PRZEMYSL (Polonia)

A Przemysl, in Polonia, nel voivodato della Precarpazia, dentro a un centro commerciale in disuso si decidono i destini dei profughi ucraini, sparsi nei negozi svuotati che sembrano ‘avanzi’ di una realtà lontana parecchi anni. Quelli in cerca di un passaggio per l’Europa sono ancora molti nonostante la guerra, voluta e causata dai russi, abbia superato il mese di morti e distruzione che, d’altronde, continua a provocare. Davanti all’enorme edificio ormai mediaticamente familiare c’è una piccola (ma grande) Europa: mezzi di privati e di associazioni raggiungono la città che gli italiani hanno ribattezzato ‘prezzemolo’ per evitare di slogarsi la lingua. Nel parcheggio ci sono tante bandiere, a indicare la provenienza che è anche la destinazione dei mezzi "ma in fin dei conti per alcuni ucraini cambia poco, perché hanno perso tutto", ci spiega un volontario; i bus e i van sono decine.

Proprio a Przemysł ieri sono arrivati i mezzi del viaggio di Confapi, partiti da Modena ed Alessandria. Sette van carichi di beni di prima necessità e mascherine donati venerdì sera ad un centro di Cracovia che si sta dando da fare per affrontare l’emergenza umanitaria correlata all’esodo in corso. L’avventura umanitaria promossa da Confapi è andata a buon fine: la situazione in costante aggiornamento proprio perché il flusso di profughi continua ad ondate, e in questo senso le bombe di Putin di ieri sulla vicina Leopoli non sono state d’aiuto, hanno scombinato i piani: non più Lublino, come sembrava inizialmente, ma appunto Przemysl la destinazione finale che tale peraltro non si è del tutto rivelata. Nell’ex centro commerciale sono state ‘intercettate’ sei persone in cerca di un mezzo per raggiungere l’Italia. Due amiche di diciotto e diciannove anni, una di queste sposata, con il marito che è al fronte, poi due mamme con due figli adolescenti. Per arrivare alle altre tre persone che grazie a Confapi si sono messe in viaggio verso l’Italia, dobbiamo raccontare di un’ulteriore testimonianza di Modena scovata per caso nella piccola (ma grande) Europa del parcheggio, dove i passeggini lasciati a disposizione, i cartoni pieni di vestiti e le bancarelle con cibi e vivande sono il racconto di un angolo di mondo all’interno del quale, per una volta, il denaro non è contemplato. Stiamo parlando dei volontari di Hesperia bimbi e Unitalsi, anche loro fanno la spola tra l’Europa e l’ultimo lembo di Polonia prima del conflitto. Portano beni di prima necessità e ripartono con al seguito i profughi che vogliono arrivare in Italia. Il Modena Volley ha prestato loro un pulmino colmo di cioccolata per i più piccoli. "La situazione è migliorata nei numeri delle persone in fuga dalla guerra – ci spiegano i volontari – ma c’è fra i profughi molta più stanchezza e frustrazione per via della lunga attesa, conseguenza del conflitto che si trascina". Paolo Pisani, presidente di Hesperia bimbi, ci consiglia: "Per trovare altri ucraini che vogliono raggiungere l’Italia dovete andare a Medyka, dove passa il confine. Dove c’è la frontiera. Dove arrivano".

Dove i bambini piangono in silenzio, tutti, e una babele di uniformi, lingue, sguardi, odori, polvere, voci e vento ti ammonisce che non è un film e nemmeno un libro. In fila con trolley e sportine, a piedi, fuori dall’Ucraina. Piccoli e donne, gli uomini sono pochi. A volte se ne vede qualcheduno che passa sotto l’aquila polacca per raggiungere la bandiera gialla e blu che sta là alla nostre spalle. Dopo avere comunicato ai militari e alla polizia la nostra disponibilità di posti a sedere sul van costeggiamo la lunga fila di profughi: "Italia, Italia, chi vuole venire in Italia? Ci siamo registrati, abbiamo il braccialetto che viene dato agli autisti registrati". Le donne guardano, alcune ringraziano, altre non sono lì anche se sono lì. E’ poi un soldato polacco a farci un cenno, come ricordandosi all’improvviso qualcosa: "Italiani, venite".

Ci porta da una giovane ucraina di 25 anni di Kremencuk, a sud di Kiev, dice che è lì da giorni e ha una connazionale che l’aspetta in Italia ma non sa come arrivarci. Due bimbetti biondi le corrono intorno e non la mollano un attimo. Proprio come ora, mentre alla stazione di benzina a poco più di un’ora di strada da Medyka mangiamo un hot dog fingendo che sia stato tutto un film, o un libro. Tornati a Przemysł, formalità burocratiche concluse, si riparte tutti insieme, non prima di essere controllati da un poliziotto che improvvisamente sveste la formalità e ci dice: "Grazie per quello che state facendo". Sulla strada i cartelli illuminati recitano: ’Solidarietà all’Ucraina libera’. La giovane e i suoi bimbetti guardano il panorama che scorre via.