’Tv senza antenna, canone ingiusto’

Concordia, ispettori Rai nelle attività commerciali. I titolari di uno studio fotografico: «Tassa che ci penalizza»

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«E’ assurdo. Ci impongono di pagare il canone Rai per il possesso del televisore nella nostra attività anche se viene utilizzato il monitor solamente per proiettare al pubblico il nostro lavoro. Noi non abbiamo nemmeno la presa dell’antenna.

Serve a massacrare di tasse le attività commerciali».

Marcello Testoni ed Euro Barelli, titolari di Fotostudio Immagini a Concordia, danno voce alla polemica divampata ieri in città e che sta coinvolgendo vari commercianti della Bassa.

Ieri mattina infatti, dopo essere passati anche a Mirandola e in altri centri, alcuni ispettori incaricati hanno fatto visita agli esercizi commerciali.

Lo scopo?

Controllare il rispetto degli obblighi derivanti dalla detenzione di un apparecchio radio oppure di un televisore.

Ossia il pagamento del canone. «Per pubblicizzare e rendere visibile la nostra attività di fotografi – proseguono i titolari di Fotostudio Immagini – abbiamo esposto in vetrina un monitor da 60 pollici.

Con una grandezza così non è possibile avere solo uno schermo ma è necessario un sintonizzatore.

Ma noi non usiamo questo monitor per guardare la tv! Non abbiamo neppure la presa dell’antenna e il segnale televisivo in negozio.

Per chi ha attività come la nostra, in cui l’uso di monitor rientra nella logica stessa del nostro operato, il pagamento di questa ulteriore tassa è assurdo e ci penalizza».

«E’ capitata la stessa cosa anche a me – aggiunge Riccardo Zanini, titolare di un’agenzia immobiliare a Concordia e già consigliere comunale –. Si tratta di una normativa assurda: pagare un’altra tassa per il solo fatto di avere un monitor in negozio». Sul punto interviene Confcommercio Modena: «Da tempo la nostra associazione chiede che questa norma assurda, che risale addirittura al 1938, venga abrogata dal Parlamento.

Ma è evidente – aggiunge – come il fatto che la norma stessa garantisca risorse importanti al bilancio della Rai e dunque allo Stato che la Rai la controlla, impedisca di raggiungere l’obiettivo.

Risulta poi incredibile che non ci si renda conto che i monitor sono sempre più spesso elemento integrante dell’identità di un esercizio commerciale, da cui dipende parte della sua capacità di intercettare l’attenzione dei consumatori.

Di fronte ad uno Stato che si arrocca a difesa di leggi fuori dal tempo, non possiamo che continuare a battagliare per cambiarle quelle leggi.

E lavorare perché si comprenda a tutti i livelli e definitivamente che continuando a spolpare ed ammazzare di tasse e gabelle i commercianti si finisce per rendere le nostre città ed i nostri quartieri meno belli, attrattivi e sicuri».

Maria Silvia Cabri