"Una trattativa misteriosa tra i fantasmi del teatro"

Allo Storchi stasera e domani ’La solitudine dei campi di cotone’ di Koltè .on la regia di Andrea De Rosa: "Una scelta maturata durante il lockdown"

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di Maria Silvia Cabri

’La solitudine dei campi di cotone’, uno dei testi teatrali più intensi del drammaturgo e regista franco-maghrebino, tra le voci più significative degli ultimi cinquant’anni del panorama teatrale, Bernard-Marie Koltès, arriva al Teatro Storchi di Modena, stasera e domani alle 20.30.

A firmare la regia di questo allestimento è Andrea De Rosa, Direttore del TPE e Premio Hystrio 2021 alla regia – che dirige sulla scena due interpreti d’eccezione quali Federica Rosellini e Lino Musella, entrambi premi Ubu.

Come nasce lo spettacolo?

"Ho riletto ‘La solitudine’ di Koltès durante il primo lockdown. In quei giorni una delle cose che mi colpiva di più, e a cui pensavo spesso, erano i teatri chiusi: per la prima volta dopo tanti anni, neppure per la guerra, li vedevo vuoti, bui, freddi, silenziosi. Un’immagine che allo stesso tempo mi suggestionava e mi spaventava: mi è venuto in mente un’usanza tipica del Nord Europa. i ‘Ghost light’: ossia lasciare sempre una luce accesa nel teatro come monito nei confronti dei fantasmi dei personaggi messi in scena che continuano ad abitare i palcoscenici. Un modo per dire: non preoccupatevi che domani torniamo!".

Ha pensato quindi ai fantasmi del teatro?

"Partendo da questa successione ho immaginato che i fantasmi fossero arrabbiatissimi (ride, ndr), senza più pubblico, attori, registi. E così, leggendo il testo ho immaginato che il luogo dove si svolge ‘Nella solitudine dei campi di cotone’ forse proprio come un teatro vuoto. Ho ipotizzato chi potessero essere i due personaggi che portano avanti questa trattativa profondissima, filosoficamente scritta con una lingua bellissima, avente ad oggetto una merce pericolosa. Ho quindi visto il personaggio del venditore come un’attrice dimenticata su un palcoscenico e il cliente come un uomo che viene da fuori e che la merce intorno alla quale si conduce la misteriosa trattativa tra i due personaggi sia, appunto, il teatro stesso".

Che collegamento c’è tra una merce pericolosa e il teatro?

"Un qualcosa di pericoloso, come droga, sesso, alcol, violenza sono tutti doni che Dioniso regala agli uomini al pari del teatro. In comune hanno il fatto di invitare gli uomini a perdere le proprie certezze. Il teatro, infatti, invita tutti ad abbandonare la propria identità e ha di identificarsi nell’altro. Dunque, il venditore voleva vendere il teatro, l’acquirente è perplesso vuole proteggersi con la sua razionalità, laddove invece il teatro lavora con l’irrazionalità, le ombre, e alla fine cede al fascino e alla pericolosità della merce ossia del teatro".

Come ha vissuto l’esperienza della chiusura del teatro durante il lockdown?

"E’ stata un’esperienza molto forte. Due sono le cose che rilevo. Una è positiva: si può fare. Nella ordinarietà bisogna sempre andare avanti, correre, non si credeva possibile potersi fermare, invece ci si può fermare. La seconda, negativa, è legata al rischio della perdita del lavoro, alle conseguenze economiche, al sacrificio che noi tutti abbiamo dovuto affrontare. Quello che sento ora è una gran voglia da parte del pubblico di tornare a teatro, stare insieme, socializzare e apprezzare quello che in questi due anni abbiamo perduto".