
La presentazione della riapertura dell'orto botanico
Modena, 30 maggio 2025 – Dicono che il duca, quando aveva qualche grattacapo politico, amasse andare a rifugiarsi sulla ‘montagnola’, stendendosi a terra. Là, all’ombra delle fronde, rimaneva da solo e poteva finalmente trovare un po’ di pace. L’Orto Botanico dell’Università di Modena e Reggio è da sempre una vera oasi urbana, uno spazio di natura e di cultura (costeggiato da viale Caduti in Guerra) proprio accanto ai Giardini, con la Palazzina dei Vigarani, e a due passi dal Palazzo Ducale. Chiuso da più di sei anni per complessi lavori di restauro e di miglioramento delle strutture, ieri pomeriggio l’Orto è tornato finalmente ad aprirsi alla città: da oggi lo si potrà (ri)scoprire, passeggiando fra le aiuole, ammirando le ninfee nel laghetto con la fontana zampillante e affacciandosi alle serre con piante di eucaliptus, ficus, agave, aloe, gasteria... "L’Orto rappresenta da sempre un luogo in cui il sapere naturale prende corpo – sottolinea il Rettore Carlo Alberto Porro –. Riattivarlo significa ricostruire una grammatica della conoscenza". Esteso su una superficie di circa un ettaro, l’Orto Botanico venne creato nel 1758 per volontà di Francesco III d’Este e dal 1772 è stato affidato all’Università: è più ‘giovane’ rispetto ai celeberrimi orti di Padova (il più antico al mondo) e di Pisa che risalgono al ‘500, e tuttavia fin dalla sua nascita rappresenta uno dei nuclei storici e identitari dell’ateneo modenese, un ‘hortus simpliclium’ destinato all’insegnamento delle scienze mediche e naturali. Le serre ducali esposte al sole del pomeriggio erano state pensate per accogliere le piante in vaso durante i mesi invernali e varie piante esotiche, la serra a clima caldo umido fu creata per piante carnivore o felci, mentre la serra delle succulente ospita molte di quelle che noi profani chiamiamo ‘piante grasse’. All’aperto ci sono le aiuole del parterre, e alle spalle delle serre la Montagnola con il suo arboreto che custodisce anche esemplari centenari come la Pistacia terebinthus che doveva essere un arbusto della macchia mediterranea ma si è sviluppata come un albero nodoso: ha quasi 150 anni, ma non si riproduce perché a Modena non esiste un altro albero come lei.
L’Orto oggi ospita oltre 500 specie vegetali. "Un tempo fra i nobili era uso sfoggiare il ‘collezionismo’ di piante esotiche e c’erano veri e propri ‘cacciatori di piante’ inviati nel mondo per trovare nuove specie – fa notare la professoressa Elisabetta Sgarbi, prefetta dell’Orto Botanico –. Oggi la funzione dell’Orto è più rivolta allo studio e alla tutela delle specie autoctone, alla cura della biodiversità e all’educazione scientifica". Sulla montagnola sono tornati i picchi e nel legno di un albero caduto hanno ‘trovato casa ‘i coleotteri, le cui larve possono essere cibo per gli uccelli è tutto così nel grande, splendido ‘circle of life’ della natura.
Gli interventi di restauro hanno riguardato l’intero complesso, sia nelle strutture architettoniche che nel sistema paesaggistico, con risorse della Regione (per i lavori post sisma), dello stesso ateneo e del Pnrr, circa 720mila euro nel programma per ‘Parchi e giardini storici’. Sono state restaurate le vetrate delle serre, i muretti perimetrali, i serramenti lignei e i vetri, si sono consolidate le volte e le fondazioni, si sono installati nuovi impianti elettrici e di sicurezza, e tutto il parterre storico è stato dotato di un nuovo impianto di irrigazione a goccia, con la realizzazione di un pozzo profondo. In parallelo gli erbari e la xiloteca (ovvero la raccolta di legni) sono oggetto di un ampio lavoro di digitalizzazione. Questo piccolo mondo antico non finisce di stupire e di incantare. Perché ci parla di storia e di bellezza. E soprattutto di vita.