VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Verdetto tra un mese. Il fratello della vittima: "Non ho dubbi, è stato lui"

Matteo Marzoli plaude invece alla ricostruzione della procura, "molto chiara". Per i legali della famiglia le prove ci sono, a partire dal dna sulla tanica di olio.

Alice Neri, mamma di Ravarino uccisa nel novembre del 2022, nella foto insieme al fratello

Alice Neri, mamma di Ravarino uccisa nel novembre del 2022, nella foto insieme al fratello

"Ci aspettavamo questa richiesta di condanna, 30 anni è come dire ergastolo perchè in Italia fondamentalmente sono la stessa cosa. Credo sia una richiesta più che giusta". E’ questo il commento di Matteo Marzoli, fratello di Alice Neri dopo la richiesta di condanna per Gaaloul avanzata dalla procura ieri mattina davanti alla Corte D’Assise.

"La ricostruzione che hanno fatto i pm è stata molto chiara ed è emersa l’univocità di tutti gli indizi, che chiaramente delineano come colpevole l’imputato" ha ribadito Marzoli.

Circa le presunte lacune nelle indagini sollevate dal difensore di Negrini, avvocato Ingroia, Marzoli ha risposto: "Quali mancanze? Abbiamo una procura che ha dimostrato l’alibi di tutta Concordia e non è il loro mestiere. Si continua a parlare di indagini a senso unico: quale senso unico? Siamo verso la conclusione di tutto, non solo relativamente al processo ma anche per la restituzione della salma di Alice".

Marzoli ha sottolineato come presto saranno organizzati i funerali: "Speriamo di poter portare Alice a casa con noi il prima possibile".

Nel corso della precedente udienza, infatti, la presidente della Corte, dottoressa Ester Russo, ha disposto la restituzione della salma di Alice Neri alla famiglia, a quasi tre anni dal terribile delitto.

A chiedere che ‘Hamma’ venga condannato a 30 anni ieri anche gli avvocati di parte civile, Cosimo Zaccaria e Marco Pellegrini che rappresentano rispettivamente mamma e fratello della vittima.

Zaccaria, nel corso dell’arringa ha fatto presente come l’imputato abbia scelto il luogo più ‘sicuro’, ovvero i laghetti di via Griffona (nelle campagne di Concordia) dove portare la vittima.

"C’è il suo dna sulla tanica che contiene olio esausto – ha affermato –. La prova del nove? Durante il momento in cui arriva allo Smart cafè, quella notte, l’imputato ha la possibilità di chiedere un passaggio a chi conosceva – tre persone – ma non lo fa. Vede una ragazza probabilmente un po’ in crisi, frastornata...".

Secondo i legali di parte civile gli indizi contro l’imputato ci sono eccome.

"Continuiamo a restare in silenzio stampa: noi parliamo in aula e proseguiremo la nostra discussione mercoledì prossimo" hanno affermato al termine dell’udienza.

A prendere la parola, ieri, anche l’avvocato Luca Brezigar che rappresenta la figlioletta della vittima, orfana di femminicidio.

"Chi le ha arrecato questo danno, inquantificabile, le ha arrecato il danno peggiore che si possa fare ad una bambina – ha sottolineato Brezigar –. Ho ‘elencato’ in aula quelli che sono i canoni, secondo me, per decidere correttamente. E’ un processo di natura indiziaria: una istruttoria corposissima che ha dei pro e dei contro, mancando parecchi pezzi. Occorre ricostruirli". In aula Brezigar ha fatto presente come sia mancata l’analisi di quello che è successo in due ore fondamentali: "Quelle che arrivano al delitto e all’incendio" ha detto.

L’avvocato ha quindi concluso affermando che, nel caso dovessero approvare la responsabilità di Gaaloul e quindi in caso di condanna la richiesta del risarcimento dei danni, ‘viste’ le tabelle di Milano, è pari a cinquecentomila euro. Anche se nessuna cifra potrà mai restituire la madre alla sua bambina.

La sentenza è attesa per metà luglio.

Valentina Reggiani