«La Chiesa accolga anche gli omosessuali: li abbiamo giudicati troppo a lungo»

L’arcivescovo Castellucci: «Non condanno le convivenze, ma non siano ‘di prova’»

L'arcivescovo di Modena Erio Castellucci (FotoFiocchi)

L'arcivescovo di Modena Erio Castellucci (FotoFiocchi)

Modena, 4 ottobre 2015 - Certo, la dottrina non si tocca, ma divorziati risposati, gay e conviventi non saranno esclusi dalla Chiesa di Modena. Per i primi è auspicabile «un cammino spirituale da concludersi, sempre che si verifichino determinate condizioni, anche con la riammissione alla comunione», mentre le coppie omosessuali «non vanno lasciate fuori dalla vita ecclesiale», così come occorre evitare «una generalizzata demonizzazione delle convivenze». L’arcivescovo Erio Castellucci non glissa, anzi gioca a carte scoperte sui temi caldi del Sinodo sulla famiglia al via oggi in Vaticano.

Sempre più cattolici, che seguono i corsi prematrimoniali, convivono: una sfida o un pericolo per la Chiesa?

«Direi una sfida, non mi sento di condannare a priori le persone conviventi, anche perché ormai sono un dato di realtà. Ci sono sempre delle condizioni soggettive ed economiche da considerare. Tuttavia, ritengo che le cosiddette ‘convivenze di prova’ non provino un bel niente».

Non salvano dalle crisi matrimoniali?

«No, perché non riescono mai a riprodurre anticipatamente le dinamiche di una coppia sposata».

Condivide la proposta di riammettere alla comunione, in alcuni casi, i divorziati risposati?

«Credo che un indulto, che non guardi in faccia a nessuno, non aiuterebbe a fare un cammino; allo stesso modo, però, una condanna preventiva bloccherebbe le persone. Penso piuttosto che sia importante delineare per i divorziati risposati un metodo a tappe di conversione e purificazione che, senza negare la validità delle nozze precedenti, a determinate condizioni, possa anche riammetterli all’eucarestia. Non a caso Francesco invita spesso a distinguere la condizione di chi subisce la rottura delle nozze da quella di chi la cerca».

E l’omosessualità che cosa è?

«Direi che non esiste in astratto. Ci sono le persone gay e lesbiche... E anche con le etichette occorre andarci piano».

In che senso?

«Oggi abbiamo dei ragazzini che già a 15 anni si definiscono omosessuali. Mi sembra un po’ precoce... Gli studi più puntuali di psicologia asseriscono che l’identità sessuale, compresa quella etero, si matura tra i 20 e i 25 anni. Detto questo, va accolto nella Chiesa sia chi pensava di essere gay e poi si è sposato, sia chi si riconosce pienamente omosessuale e vuole vivere la sua condizione».

Magari anche in una storia di coppia...

«Esiste un’antropologia cristiana sul valore dell’essere uomo e donna e sulla complementarietà fra i sessi che impedisce di benedire le unioni gay. Ma questa antropologia necessita di essere coniugata con il dovere di accogliere tutti. Il vivere una relazione di coppia omosessuale di per sé non può essere motivo di esclusione, pur costituendo una condizione che non porta ad accedere alla comunione».

Si può auspicare una pastorale diocesana per gay e lesbiche anche a Modena?

«Bisogna formare del personale specializzato, ci vorrà tempo, ma è mia intenzione studiare un cammino di accompagnamento spirituale. C’è troppa sofferenza, per anni abbiamo giudicato questi nostri fratelli e sorelle».

Ddl Cirinnà: esiste un vuoto normativo sulle convivenze, omo o eterosessuali?

«Non so se si possa parlare di vuoto normativo... Credo comunque che si possa studiare l’esigenza di garantire la reversibilità della pensione e l’assistenza ospedaliera a chi vive questo tipo di relazioni. Sull’adozione, invece, ho forti perplessità, poiché un bambino ha bisogno di mamma e papà. L’importante comunque è non equiparare queste unioni al matrimonio».