"Vi racconto Pasolini, ucciso dal Novecento"

Ascanio Celestini allo Storchi porta il suo ’Museo’ dedicato a PPP: "Comunista, omosessuale e non aveva le spalle coperte da un partito"

"Vi racconto Pasolini, ucciso dal Novecento"

"Vi racconto Pasolini, ucciso dal Novecento"

di Stefano Marchetti

Pier Paolo Pasolini ha conosciuto "quel mondo di borgate tristi – scriveva ne ‘Le ceneri di Gramsci –, di quelle gialle praterie sfregate da un vento senza pace".

Lo stesso vento senza pace che ha attraversato anche tutto il Novecento, "un secolo di tragedie, di utopie, di disperazione, di sfruttati e sfruttatori, quello che ci hanno detto essere un ‘secolo breve’ e invece pare non finisca mai", sottolinea Ascanio Celestini, autore, attore, disincantato narratore che nel suo ’Museo Pasolini’ (in programma giovedì 13 e venerdì 14 alle 20.30 al teatro Storchi di Modena) rilegge la storia del poeta in parallelo a quella dei suoi anni. Nell’immaginario museo dedicato a Pier Paolo Pasolini, Celestini riunisce cinque oggetti simbolici: la prima poesia scritta da Pasolini, il cimitero di Casarsa in Friuli dove è sepolto il poeta con i familiari "ed è già un pezzetto di storia italiana", poi l’innocenza perduta dei comunisti italiani "quando nel 1956 l’Urss invase l’Ungheria", quindi una borsa in similpelle, memoria delle bombe in piazza Fontana a Milano, e infine il corpo stesso di Pasolini, ucciso al Lido di Ostia il 2 novembre 1975 ("Anno 53° dell’era fascista", dice caustico Celestini nel suo spettacolo). Da solo sul palco, l’attore fa risuonare le voci delle borgate, di ‘don Piccicola’ (al secolo don Roberto Sardelli, prete di frontiera) e dei ‘Sandroni’ che vivevano nelle baracche, così come l’eco dei golpe tentati, di ricchi sfrontati, di vite dimenticate.

Celestini, come è nata l’idea di questo ‘museo’ dedicato a Pasolini?

"Vincenzo Cerami sosteneva che, se prendiamo tutta l’opera di Pasolini, dalla prima poesia scritta a sette anni fino all’ultimo film ‘Salò’, possiamo avere un ritratto fedele della storia italiana. Ed è davvero così. Se gli intellettuali hanno una funzione, è proprio quella di farci capire in quale contesto storico viviamo. E Pasolini è stato particolarmente lucido".

I suoi anni non sono stati semplici...

"Nato nel 1922, morto nel 1975, ha attraversato poco più di 50 anni di storia che, dal mio punto di vista, sono ancora poco esplorati. Dovremmo ricordare di più e meglio, anche per capire il tempo che stiamo vivendo adesso".

Già: ci sono parallelismi fra quegli anni e i nostri anni?

"Con l’arrivo degli stranieri nel nostro Paese, oggi l’Italia assomiglia più a quella degli anni ‘50 che a quella degli anni ‘70 o ‘80: le classi subalterne sono più visibili di quanto non fossero allora. E Pasolini, anche in questo, vedeva lontano. Nella sua ‘Profezia’ raccontava di un Alì dagli occhi azzurri che avrebbe bussato alla nostra porta: Alì si vede più oggi di allora".

Nello spettacolo, lei sostiene che Pasolini è stato ucciso dal ‘900...

"Perché con Pasolini non si è uccisa solo una persona, ma ciò che quella persona ha rappresentato. Credo che se Pasolini non fosse stato ammazzato quel giorno di novembre, sarebbe stato ucciso la settimana o il mese successivo. Era come una vittima predestinata".

In che senso?

"Era comunista, omosessuale, non aveva le spalle coperte da alcun partito. In quegli anni, la sua morte divenne come il ‘segno’ che certe persone non potevano prendere la parola. Già in quello che Pasolini ha scritto c’era la sua morte: ha riversato tutta la sua vita nella sua scrittura".

Dunque qual è il pezzo veramente forte di questo ’Museo Pasolini’?

"Pasolini stesso. L’intellettuale e l’essere umano che dovremmo conoscere più a fondo".