Viaggio alle radici della tortura "Era normale usarla nei processi"

All’Accademia di Scienze, lettere e arti in corso Vittorio Emanuele sono esposti preziosi libri antichi. I curatori Pighi e Beggi Miani: "Analizziamo anche il concetto di ’fides’, e cioè la veridicità delle deposizioni"

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di Stefano Luppi

Lo scrittore illuminista Cesare Beccaria nel notissimo saggio, "Dei delitti e delle pene" del 1764, vero monumento alla base del diritto mondiale, prende posizione contro la tortura. "Non è nuovo questo dilemma: o il delitto è certo o incerto; se certo, non gli conviene altra pena che la stabilita dalle leggi, ed inutili sono i tormenti, perché inutile è la confessione del reo; se è incerto, è non devesi tormentare un innocente, perché tale è secondo le leggi un uomo i di cui delitti non sono provati", scrive Beccaria. Questo volume è esposto nella prima sala di una mostra importante, organizzata alla antica Accademia nazionale di Scienze lettere a arti di Modena, in corso Vittorio Emanuele II 59, e curata dall’ex sindaco e professore di diritto a Unimore Giorgio Pighi. Al centro ci sono appunto la tortura e la giustizia, temi che saranno anche al centro di una lezione che Pighi terrà durante la rassegna visitabile fino al 30 settembre (info accademiasla-mo.it), e che lungo il percorso sono evidenziati attraverso numerosi volumi antichi scelti nell’ampio patrimonio storico della Accademia. "Abbiamo scelto insieme – spiegano i curatori Giorgio Pighi e Licia Beggi Miani – una amplissima serie di volumi, posizionati in vari saloni del palazzo e riassunti sotto il titolo ‘Severità e mitezza: contro la tortura. Tra Seneca e Beccaria’. Sono esposti libri giuridici, filosofi e morali insieme a una sala dedicata alle antiche Gride modenesi, le leggi del tempo che servono a evidenziare come purtroppo la tortura fosse uno strumento che accompagnava lo svolgersi dei processi nei secoli passati. Era normale che un imputato fosse sottoposto a supplizio fisico per ottenere una confessione che come si capirà veniva dunque estorta". Continuano i curatori: "Nella mostra indaghiamo gli aspetti della giustizia da diverse prospettive: affrontiamo il dibattito su dolore fisico e pene corporali e il loro graduale abbandono nel corso del tempo come strumento per la confessione. Inoltre analizziamo il concetto di fides, ossia di lealtà e della conseguenza, la veridicità delle deposizioni. Infine ospitiamo nella sala finale alcune immagini di tipologie di torture a fini di confessionale, tratte da volumi stranieri di età moderna". Oltre a quanto detto il visitatore qui troverà altri preziosi materiali, a partire dal "De clementia" di Seneca che proprio Beccaria volle per la sua prima edizione del "Dei delitti e delle pene", ma anche l’edizione italiana originale de ‘L’Encyclopédie’ di Diderot e D’Alembert e il Leviatano di Thomas Hobbes. Ricordiamo che nel mondo dopo la seconda guerra mondiale viene proibita la tortura, secondo la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.