Per lungo tempo ha subito angherie terribili: vessazioni fisiche e psicologiche, sopraffazioni culminate in una violenza sessuale che gli è quasi costata la vita. Ieri colui che è ritenuto il responsabile di quelle che nel tempo, per la vittima, erano diventate più che inumane torture, ovvero l’imbianchino 39enne di Mirandola, Antonio Bifulco è stato condannato ad una pena esemplare: undici anni di carcere. L’imputato era accusato di violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni gravi nei confronti di un suo dipendente e coinquilino 40enne che proprio su queste pagine aveva spiegato come la sua sofferenza, da quel momento, non abbia mai avuto fine. Per l’imputato la pubblica accusa, ovvero il pm Francesca Graziano aveva chiesto nove anni di carcere ma, alla fine, dal secondo collegio è stata emessa una sentenza ancora più ‘pesante’.
Gli episodi, numerosi, di violenze erano emersi nel 2019 quando l’imputato era finito in manette grazie ad una delicata indagine condotta dalla squadra mobile. In base a quanto emerso dagli accertamenti l’uomo aveva per lungo tempo costretto il dipendente e inquilino appunto a violenze e vessazioni di ogni genere; arrivando ad abusare di lui sessualmente in modo talmente cruento da fargli rischiare la vita.
L’episodio, terribile, era avvenuto la notte del 3 settembre 2019 ed era stato lo stesso imputato a portare la sua vittima in ospedale, in fin di vita intimandogli il silenzio. La vittima, ad oggi, risulta infatti stomizzata. Ieri nei confronti della stessa è stata stabilita una provvisionale di 257mila euro (il risarcimento sarà stabilito in separata sede civile) oltre alla trasmissione degli atti in procura per valutare eventuali false testimonianze ‘chiamate in causa’ dalla difesa, tra cui i due fratelli dell’ imputato e un dipendente.
"Quell’episodio mi ha cambiato la vita – aveva dichiarato la vittima - dopo la violenza sono rimasto in ospedale quattro lunghi mesi e inizialmente ho subito venti giorni di coma. Ma sono tanti i danni che ancora mi porto dietro. In queste condizioni, ovviamente, non posso neppure lavorare. Mi ero appena separato dalla mia ex compagna e lui diceva di essere un grande amico. Mi ha detto che mi avrebbe aiutato. Mi avrebbe dato una casa e un lavoro. A quel punto ho accettato. Poi – aveva raccontato in lacrime – erano iniziate le violenze: aggressioni; botte, cazzotti, insulti. Si prendeva tutti i miei soldi e le vessazioni erano praticamente quotidiane".
"Giustizia è stata fatta – affermano gli avvocati della vittima, Nicola Elmo e Cosimo Zaccaria – in relazione ad un gesto terribile, che ha portato ad infinite sofferenze il nostro assistito, sofferenze oggi ancora vive. Esprimiamo soddisfazione per una sentenza che restituisce speranza a questo giovane".
Valentina Reggiani