West Nile a Modena, "è stato un calvario. Non si fa sufficiente informazione"

Paola Ferrari ha contratto il virus ed è guarita: "Ho avuto fortuna"

L'ospedale

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Modena, 20 settembre 2018 - «Sono stata tra i primi modenesi a essere colpita dalla West Nile. Una esperienza molto dura. Occorre fare al più presto per evitare che i casi si moltiplichino. E questo, a partire da una maggiore informazione dei cittadini e dal coinvoglimento dei medici di base». È l’appello lanciato da Paola Ferrari. L’abbiamo intervistata.

Cos'è

Quando sei stata infettata dal virus del Nilo?

«Era il 2013, dopo una cena conviviale all’aperto».

I sintomi si sono manifestati subito?

«Dopo poco, una manciata di giorni. E sono stati terribili. Febbre, forte mal di testa e dissenteria. Sono durati più di due settimane. È stato un periodo molto difficile. Ero allo stremo. E il dottore faticava a capire cosa fosse. Ma guardando ora la situazione, posso affermare che mi è andata bene».

In che senso?

«Sono stata colpita dalla forma meno grave. Come abbiamo purtroppo visto quest’anno, il virus può portare anche alla morte».

Hai trovato una assistenza medica adeguata?

«Forse all’epoca il virus non era così noto e diffuso, di conseguenza una diagnosi era difficile. Pareva all’inizio un quadro di infezione intestinale batterica o virale. Tutte le analisi nelle feci e nel sangue alla ricerca di agenti infettivi batterici e parassitari risultavano negativ e, inspiegabilmente, i sintomi permanevano, nonostante le terapie antibiotiche e antidiarroiche assunte comunque nonostante gli esami negativi per infezioni intestinali. Durante la malattia, sono venuta a conoscenza da un dirigente dell’Avis di Roma, che le donazioni di sangue in provincia di Modena erano controindicate per la presenza di West Nile. Il medico di famiglia ha ritenuto, sulla base di queste informazioni, opportuno eseguire una ricerca virale risultata poi positiva per la West Nile. La difficoltà dei medici nel diagnosticare queste infezioni virali erano (e sono) dovute alla mancanza, fino ad oltre metà agosto, di una informazione puntuale dell’Ausl in merito. A dire il vero, anche ora...».

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A cosa ti riferisci?

«Mi pare che, anche se le cose sono sensibilmente migliorate, si tenda comunque a non fornire informazioni chiare, perché no anche tranquillizzanti (non stiamo parlando di Ebola ..) sulla situazione. Magari per non fare allarmismi. Informare non è sinonimo di spaventare. C’è una enorme differenza. E penso che i modenesi abbiano tutto il diritto di sapere come stanno le cose. Fuori dalla nostra regione lo sanno bene...».

Cosa pensi si dovrebbe fare?

«Innanzitutto, come detto, l’Ausl dovrebbe informare maggiormente e soprattutto meglio. Non dimentichiamo che bambini, anziani e malati possono rischiare la vita. Ritengo poi fondamentale il coinvolgimento diretto dei medici di base. Parlando con alcuni di loro, mi hanno manifestato il loro disappunto per la mancanza di puntuali informazioni in merito. E anche i Comuni dovrebbero essere puntualmente informati dalle autorità sanitarie. Non dimentichiamo che i sindaci sono i primi responsabili della condizione di salute della popolazione del loro territorio».

E sul versante disinfestazioni?

«È un nodo cruciale. È importantissimo partire per tempo. Ma questo deve essere fatto dalle amministrazioni pubbliche e dai privati, ma purtroppo non ci sono controlli su chi non fa il proprio dovere. La diffusione del virus è preoccupante: ognuno deve svolgere fino in fondo il proprio compito. L’aumento dei casi è una concreta possibilità anche per il futuro, dato il tipo di clima caldo e umido che caratterizza le estati padane. La psicosi zanzara è destinata a crescere pure quella. Personalmente auspico uno sforzo concordato con entomologi per il controllo della zanzara nel suo intero ciclo vitale».