Modena, 12 gennaio 2012 - Comunque la si guardi, chiunque siano i colpevoli, così il Consiglio comunale non può certo andare avanti. Anche molti dei suoi attori, i consiglieri, ammettono ormai che la formula attuale non può più reggere, così com’è. Impantanata in una palude di istanze – nel 2011 ne sono state trattate 266 tra interrogazioni, interpellanze, ordini del giorno e mozioni – che in troppi frangenti camminano sul filo dell’evitabile, in alcuni casi sconfinando allegramente nell’inutilità.

A volte per la tempistica, quando passano diversi mesi tra la presentazione di un’interrogazione e la risposta ormai priva di senso, a volte per i contenuti, vedi la totale assenza di ricadute pratiche o l’assoluta distanza del tema da Modena. E altre volte per la scintilla che le origina, ovvero un ‘sentito dire’ che sarebbe crollato di fronte a una semplice ricerca su Google. Ma l’ondata di buoni propositi che tracima a ogni inizio d’anno, assieme ai riflettori puntati ora sul tema dello snellimento e della riduzione degli sprechi istituzionali, potrebbe garantire l’humus ideale per provare a cambiare le cose. Modificando il regolamento del nostro Consiglio comunale, sostiene la maggioranza, o richiamando al suo dovere chi rallenta i lavori, dicono dall’opposizione.

 E la necessità di un intervento non è dettata solo da ragioni di efficacia della macchina comunale, ma anche da motivi economici. Gli uffici, tenuto conto di tutte le spese sostenute per la risposta — comprese le ore di lavoro pagate al personale — hanno infatti calcolato che ogni interrogazione costa alla comunità tra i 300 e i 400 euro. Nel 2011 ne sono state trattate 200 tonde tonde, e ciò significa, portandone il costo cadauna a una media di 350 euro, che 70mila euro sono stati spesi proprio lì. Parlano meglio gli esempi, però. Prendi Sergio Celloni (Mpa) che il 10 gennaio 2011 presenta l’interrogazione ‘I negozi del centro si aspettino giorni di crisi nonostante i saldi, non giorni di fuoco come si dice’. Anche volendo ignorare il titolo, c’è il problema dei tempi: se n’è parlato in aprile, più vicino ai saldi estivi. E al momento di depositare l’atto era più che intuibile che la replica sarebbe slittata di mesi. Ancor più emblematica, e ormai famosa, la richiesta di Elisa Sala (Pd) che a metà luglio vuole il punto sulle iniziative comunali contro l’afa, e la risposta arriva a fine ottobre. Ragionando poi sulla reale efficacia delle singole interrogazioni, l’elenco delle ‘evitabili’ si allunga a dismisura.
 

Tra queste il ‘Come evitare che i modenesi non siano inondati da fiumi di falsità sulle questioni urbanistiche?’ presentato da Salvatore Cotrino (Pd) e il ‘Quando il Comune pubblicizzerà i benefici fiscali del federalismo?’ di Walter Bianchini (allora Lega Nord). Senza dimenticare il ‘Chi ha autorizzato il nuovo nome del PalaPanini?’ di Sandro Bellei (Pdl) e il grillino Vittorio Ballestrazzi che lancia l’allarme su ‘un distributore self-service chiuso nel quale gli automobilisti rischiano di perdere i propri soldi’. «Normale contratto con uno sponsor», ha spiegato la giunta al primo. «La colonnina self-service è senza mascherina, quindi è impossibile inserire banconote o carte di credito», ha risposto al secondo. Verifiche semplici da fare, fin troppo, senza dover passare dal Consiglio comunale.