"Io, alla corte di Alexandria Ocasio Cortez, nuova stella dem"

Il modenese Gabriele Cirelli ha lavorato per la deputata Cortez

Gabriele Cirelli con la 29enne Alexandria Ocasio Cortez

Gabriele Cirelli con la 29enne Alexandria Ocasio Cortez

Modena, 9 novembre 2018 - Da Modena a New York per supportare quella che è diventata la più giovane deputata nella storia degli Stati Uniti, incarnazione del sogno americano. Il modenese, 23 anni, si chiama Gabriele Cirelli e la ‘star’ risponde al nome della 29enne portoricana Alexandria Ocasio Cortez, volto simbolo dell’onda blu progressista che ha conquistato la Camera nelle elezioni di Midterm.

La storia di Gabriele ci racconta di una nazione che in fatto di politica sa ancora coinvolgere i giovani in prima linea e spingerli a fare la differenza in nome di un ideale, pratica alquanto ‘sbiadita’ invece nel panorama italiano. Fondamentale, nella corsa dell’ex cameriera a membro del Congresso, eletta nel quattordicesimo collegio della Grande Mela, una campagna elettorale che ha fatto leva su una macchina ‘umana’, nata e gestita dal basso, che ha incontrato faccia a faccia il suo popolo, casa per casa, minoranza per minoranza, interpretando i sogni e le aspettative degli invisibili e dei più deboli. E in questa strategia hanno giocato un ruolo fondamentale i tanti volontari come Gabriele – unico italiano – provenienti da tutto il mondo, che hanno affiancato la Cortez nel rush finale. È lui a raccontarci due settimane vissute intensamente.

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Com’è iniziato tutto?

«L’esperienza è nata dal suggerimento di un mio professore alla facoltà di Comunicazione Politica che frequento a Torino, quando Alexandria vinse le primarie a giugno. Non ho scelto di seguire lei casualmente. Rappresenta, a mio avviso, quello che dovrebbe essere anche la nostra futura classe politica: più giovani che si mettono in gioco per sfidare le vecchie generazioni che spesso ci rappresentano, più donne che combattono per una maggiore equità, più stranieri o figli di immigrati che lottano per i loro diritti».

Trova qualche punto di contatto tra l’empatia costruita dalla Cortez coi suoi elettori e la politica di casa nostra?

«Non è un mistero che la politica in America sia molto sentita. Ho assistito a scene incredibili di ragazzi tra i 15 e i 16 anni uscire da scuola e venire a fare delle telefonate per convincere le persone ad andare a votare per Alexandria. In Italia più che i giovani politici mancano i giovani politici che parlano ai giovani. Non credo basti fare qualche promessa in campagna elettorale o promuovere sconti in musei e buoni per gli acquisti. Negli Stati Uniti i politici bramano l’approvazione dei giovani, organizzano comizi nelle scuole, fanno del loro sostegno un cavallo di battaglia. Insomma penso sia una differenza culturale: i giovani non piacciono alla politica e la politica non piace ai giovani. Ma se nei prossimi anni riusciremo ad avere più candidati giovani che si battono per i loro coetanei penso che questo aspetto potrebbe cambiare».

Qual era la sua giornata tipo a New York?

«Insieme a molti altri volontari mi occupavo del cosiddetto ‘Get out the vote’ (Gotv), ovvero una strategia che comprende un insieme di tecniche utili a mobilitare il proprio elettorato per convincerlo ad andare a votare. Nel concreto i volontari di una campagna americana svolgono principalmente due compiti: il porta a porta e le telefonate a casa. Per quanto queste due tecniche sembrino banali e inutili, in realtà si sono dimostrate fondamentali».

Ha avuto modo di parlare con la Cortez?

«Sì, più volte. Mi ha colpito la sua spontaneità, ben diversa da quella del politico che una volta ogni 4 o 5 anni in tempo di campagna elettorale si finge un ‘uomo del popolo’. Alexandria sembra essere veramente la tua vicina di casa».