Pd, quell’abbraccio che apre il dopo-Letta. Bonaccini nuovo segretario in pectore?

A Ponte Alto il presidente della Regione ha parlato da leader. Gesti d’affetto ostentati, ma dopo il voto sarà corsa alla successione

Bonaccini e Letta

Bonaccini e Letta

Modena, 27 agosto 2022 - Un abbraccio durato tanto, un bacio, applausi scroscianti. Troppe effusioni ecco. Nel senso che hanno finito con lo svelare ciò che si intendeva celare: il dopo Enrico Letta è l’indicibile che corre sotterraneo nel Partito democratico mentre in superficie infuria la campagna elettorale: "Caro Enrico – ha scandito il presidente Stefano Bonaccini cedendo giovedì sera la parola al segretario nazionale davanti agli oltre 500 di Ponte Alto – qui siamo tutti dalla stessa parte, al tuo fianco. Noi dobbiamo e vogliamo vincere perché non ci sono in gioco destini personali, ma il futuro del Paese". Quindi gli ha sollevato il braccio sinistro in gesto di trionfo. A qualcuno dei presenti, tra risatine e darsi di gomito, è venuta in mente la famigerata rassicurazione di Matteo Renzi ‘Enrico stai sereno’, epperò il sentiment non è esattamente lo stesso. A differenza che nel 2014 quando era presidente del Consiglio, oggi Letta sa benissimo che le sue sorti dipendono dalla dimensione della sconfitta (se sconfitta sarà naturalmente): in caso di debacle sarà lui stesso a fare il passo indietro, è già tutto scritto, non ci sono margini per ‘agguati’ di sorta.

A quel punto ciò che oggi è sussurrato all’orecchio sarà gridato sui tetti: partirà la corsa al nuovo segretario che secondo gli osservatori più informati conta almeno tre pretendenti. Bonaccini appunto che attenderà di essere invocato, non sarà lui a scendere in campo motu proprio. Nella sua faretra dispone di un nutrito fronte dei sindaci come frecce disposti a issarlo al trono: Dario Nardella, Giorgio Gori, Antonio Decaro. Contro di lui molti accreditano la stessa Elly Schlein, lady preferenze alle regionali, e Giuseppe Provenzano, riferimento nel Sud Italia. Personalità diverse, ma soprattutto idee di partito differenti. Bonaccini predica il ’modello emiliano’ con cui ha vinto alle regionale sconfiggendo Salvini: campo largo da Renzi a Fratoianni (escludendo i 5 stelle, almeno nella prima fase) sostanziale sintonia con le imprese. Schlein e Provenzano incarnano invece il cosiddetto ’schema Matteo Lepore-Carlo Galli’ (il professore disse che il modello emiliano non è replicabile nel resto d’Italia perché altrove non esiste un Pd sufficientemente forte da fare da baricentro solido a una coalizione così composita), un partito che guarda più a sinistra, 5stelle inclusi.

A Ponte Alto l’altra sera i famosi ‘occhi di tigre’ li aveva Bonaccini, non Letta. Con tutte le riverenze del caso, da padrone di casa non ha esitato a prendersi il proprio spazio marcando la differenza. Non tanto sui contenuti, ma nello stile: eloquio paratattico, senza subordinate ("noi investiamo sulla sanità pubblica, sulle case della salute. Il loro modello funziona certo, ma è troppo ospedalocentrico, il Covid ce lo ha insegnato!"), sarcasmo ("Bolsonaro diceva che questo virus è un raffreddore..."), modulazioni della voce che sale, scende e si accende. Mentre Letta ha sfoggiato il suo consueto argomentare geometrico e monocorde.

"Vi invito a riflettere sul rischio di una destra che ha come modello Orban e Trump…". Bonaccini è il classico capitano che sale sul ponte di comando, visibile, laddove Letta si pone più come primus inter pares, una sobrietà che peraltro non dispiace a una componente del partito che diffida dei leaderoni alla Renzi. La campagna elettorale appena cominciata dovrà servire per vincere o almeno a provarci. Ma contribuirà anche a disegnare il volto del partito che verrà, chiamato presumibilmente a una dura stagione di opposizione.