Finale Emilia (Modena), 27 luglio 2012 - C’È UN SOLE che spacca le pietre, ma i ragazzi della torre non hanno paura: loro, le pietre non le spaccano ma le accarezzano, le esaminano una per una e poi le sistemano ordinatamente, come se fossero gioielli. I mattoni interi vanno da una parte, i mezzi mattoni da un’altra, i frammenti di legno, le travi o il ferro in un’apposita cassa, e se spunta un pezzo decorato o istoriato viene sùbito messo al sicuro.

 

ARRIVANO da tutta Italia, i ragazzi della torre. Si passano la parola su Facebook, lavorano ore e ore per raccogliere, separare e sistemare le pietre della Torre dei Modenesi di Finale Emilia. Quella che il terremoto della notte del 20 maggio ha affettato a metà, dall’alto al basso come con una mannaia, poi è crollata del tutto poche ore dopo. Quella dell’orologio mozzato che è finito anche su Time, simbolo del dramma e della distruzione di una nobile storia.

 

LA TORRE avrebbe compiuto 800 anni proprio nel 2013: dei suoi 32 metri di altezza ora resta solo un mozzicone, con l’ingresso desolatamente aperto sul nulla, e un mucchio di macerie. Ed è tra queste pietre che decine di volontari si sono messi all’opera già da alcuni giorni: «Siamo venuti qui con qualche amico da Formigine», dice Maurizio. «Per noi significa sentirci parte di qualcosa di grande», aggiunge Luca, sudatissimo. Nel weekend sono tantissimi, dormono in tenda e si mettono all’opera di buon mattino: domani arriveranno anche gruppi da Erba e da Como. «Ricostruiremo la torre, ce la faremo — assicura Massimiliano Righini, appassionato storico e assessore alla cultura —. Per questo, non dobbiamo disperdere alcuna pietra».

 

IN UN capannone alle spalle di quel che resta dell’orgogliosa vedetta dei secoli vengono portati i cumuli di pietre da selezionare: terracotta rosa, soprattutto, ma anche argille scure e mattoni anneriti dai fuochi che venivano accesi all’interno. «Sulla scorta delle indicazioni della Soprintendenza è stato stilato un protocollo proprio per la suddivisione e la cura di queste pietre», aggiunge Righini. «Le disponiamo su appositi pallets che poi vengono numerati e coperti — spiega Giorgio Marchetti, il tecnico che segue l’operazione —. Ne abbiamo sistemati alcuni nel cortile delle scuole elementari: per l’inverno saranno collocati in un magazzino dove potranno anche essere studiati».

 

SONO GIÀ stati completati più di 330 pallets, ciascuno dei quali reca fra i 50 e i 100 mattoni: il colossale puzzle avrà ben più di ventimila pezzi. «E questi sono i frammenti dell’orologio», mostra Marchetti. Sono state recuperate le lancette, pezzi del movimento meccanico, e anche la campana con le immagini del patrono San Zenone e della Madonna e lo stemma di Finale. Si proseguirà per tutto agosto, poi si dovrà affrontare il recupero dei resti del mastio del Castello delle Rocche: un’altra impresa ciclopica.

 

INTANTO, dai suoi muri a tre strati di mattoni, la torre dei Modenesi sta restituendo anche segreti che ha tenuto nascosti per secoli: punte di lance e dardi conficcate nelle pareti, cocci di maioliche, una stampa (pare risalente al Cinquecento) con una Crocifissione, pietre con iscrizioni gotiche, altre con resti di smalto azzurro, forse una decorazione, un mattone con l’impronta del piede di un bambino che magari si era divertito a fare una passeggiata mentre le pietre si seccavano al sole, vari mattoni con orme di gatti e di cani.
È rispuntata perfino una scarpa, con tanto di suola e di tomaia, che forse dal Seicento è rimasta così, incastonata in quel curioso scrigno. «Quando la rimetteremo in piedi come prima, più forte di prima — conclude l’assessore —, la torre diventerà museo di se stessa».

Stefano Marchetti