Modena, 29 settembre 2009. L’UOMO di oggi è ancora il ragazzo di allora. Maurizio Vandelli ha la musica nell’anima e lo scudetto dell’Equipe 84 cucito nel cuore.

Cosa ha provato quando ha saputo dell’intitolazione della piazza a «29 settembre»?

«Beh, una bella emozione. E una speranza. il sindaco Pighi e l’assessore Alperoli hanno innescato l’operazione. Ma spero che ora sia la città a ricordarsi davvero di quel posto dove molti artisti sono nati».

Crede alle operazioni nostalgia?

«Sono contro la nostalgia. Ma vivo dentro un mondo che chiama nostalgia una cosa che invece credo sia buona musica».

Lei che musica fa oggi?

«Buona musica, appunto, come ai tempi di 29 settembre».

Come nacque la canzone?

«Mi ero rotto le scatole del beat».

Ma va là...

«E’ vero. L’Equipe nacque per fare musica allegra come quella che percepivamo dalle radio pirata. Eravamo su testi che assomigliassero all’inglese. Dopo l’operazione Auschwitz, che confermò come l’Equipe non fosse solo un gruppo di cretini che facevano musica trullallero trullalà, dissì di sì a Lucio Battisti».

Vale a dire?

«Mi fece sentire al pianoforte 29 settembre e fui folgorato. Dissi: ok questo è il momento di far crepare il beat».

Come nacque il nome Equipe 84?

«Cercavano un nome singolare. Ci colpì il disco di un gruppo di ragazze, mezze nude in copertina, che si chiamava Equipe di Tahiti. Però mancava qualcosa. Venne fuori l’idea dell’84 pensando al cognac Stock 84. Speravamo in un ingaggio per lo spot. Ma non ci fu. I giornalisti scrissero che era la somma dei nostri anni. Non era vero, ma la somma reale degli anni faceva 85».

Perchè si sciolse il gruppo?

«Quando chiudemmo di fatto il gruppo si era già sciolto da solo. Aspettavamo un anno perchè uno era in India, un altro anno perchè uno finiva in carcere....Così mollammo tutto».

Chi frequentava il bar Italia?

«Una marea di amici. C’erano Guccini, Bonvi, io, Victor Sogliani gli altri dell’Equipe».

Che si faceva al bar?

«Era il luogo dove passavamo ore a pensare come organizzare una vita lunga e piacevole senza lavorare troppo. Era creatività».

Età dei creativi?

«Dai quattordici anni in su».

Definizione del gruppo?

"Un piccolo cabaret pubblico, uno Zelig d’epoca, sui tavolini del bar».

Cosa si beveva?

«Di tutto. Ma non erano di moda gli alcolici come adesso. Più che altro spesso si cambiava tavolo per evitare l’ordinazione. Non avevamo una lira in tasca».

Del vecchio gruppo chi sente ancora?

«Victor Sogliani putroppo ci ha lasciato, vedo spesso Alfio Cantarella che sta a Verona. Con Franco Ceccarelli ho perso i contatti per vecchi dissapori».

Da quanti anni suona e canta?

«Boh... Sono del 1945 e a 12 anni o giù di lì ho preso in mano la chitarra. Da allora non mi sono più fermato».

Oggi cosa prova a salire sul palco?

«Ne ho sempre una voglia matta. Mi emoziono come la prima volta perchè amo far musica dal vivo con la gente che sta lì, sotto di te».