Rigo Righetti e il suo Schiavoni Blues: "E' qui che ho scoperto Frank Zappa"

Il musicista è figlio dello storico gestore del bar. Nel libro, attraverso il locale di via Albinelli, racconta la Modena degli anni '60 e '70

Antonio 'Rigo' Righetti

Antonio 'Rigo' Righetti

Modena, 3 febbraio 2018 - ‘Schiavoni Blues’. Dire Schiavoni, il bar del mercato Albinelli è come dire Modena; il blues è uno stato dell’anima, una nostalgia interpretata dal genere musicale che porta lo stesso nome. Due parole, due concetti che nella mente del musicista Antonio ‘Rigo’ Righetti, figlio di Guido, storico gestore del bar negli anni ‘60 e ‘70 diventano indissolubili nel viaggio interiore e storico consegnato alle pagine del suo libro, un viaggio dentro a quel microcosmo che è il bar Schiavoni e nella Modena di allora.

Antonio, com’è nata l’idea di questo titolo?

"E’ nata nel momento in cui abbiamo provato a farci venire un’idea per racchiudere quello che questo racconto, questa Modena anni ‘70, evocava. L’idea era quella di un blues come un momento di ricordo, ma non ripiegato su se stesso, un genere come il blues, agrodolce; tristezza ma con un sorriso di rivincita".

Nel bar Schiavoni degli anni 60 e 70 c’era più blues o rock?

"Era un genere più folle se dobbiamo definirlo come un genere musicale. Nel libro racconto che ho ascoltato per la prima volta Frank Zappa all’interno del bar Schiavoni una mattina quando avevo 11 anni, me lo ricordo molto bene. Era un genere un po’ surreale quello del bar Schiavoni, come il Frank Zappa prima maniera".

Tornando al cuore del libro, se pensi alla Modena di allora cosa ti viene in mente?

"Era una Modena diversa ovviamente, più vera, un pochino meno costruita dal punto di vista delle persone. C’è una cosa che mio padre ha lasciato scritta e che è alla base di quello che è stato poi raccolto nel libro. La gente semplice che però riconosceva il lavoro ben fatto in qualsiasi campo e ti dava un riconoscimento per questo con la sua fedeltà. Una cosa che noi nella Modena del 2018 facciamo fatica ad ottenere perché viviamo in una società completamente diversa. Era una Modena più inclusiva che esclusiva perché c’era posto per tutti ma le istanze della società erano più semplici".

Hai rimpianti o nostalgia?

"No, questo è uno degli insegnanti di Guido, di mio padre. Vivere il presente rivolti in avanti, è il ‘don’t look back’. E’ giusto ogni tanto fermarsi e riconsiderare da dove veniamo ma rimpianti no, anzi, sto vivendo una stagione molto bella con la mia musica e con i miei libri. Si va avanti e ogni tanto si mette in controluce il posto da cui veniamo perché, nel cuore di quella modenesità lì, senza Ztl, senza polveri sottili, senza non sapere chi voterai il 4 marzo, c’è chi siamo veramente, la nostra essenza, in ogni cittadina media grande d’Italia c’è un bar Schiavoni".

C’è un personaggio dello ‘Schiavoni’ di tuo padre Guido che ti è rimasto impresso?

"Era il ‘Cavallo’, che ho descritto ampiamente nel libro. Aveva una presenza misteriosa ma era una persona buona che era parte di una famiglia allargata".