Berardi l’uomo che ha cambiato il Sassuolo

Il ricordo di quel calcetto che lo lanciò, i 103 gol con la stessa maglia, l’Europa solo sfiorata, la nazionale, il futuro tutto da scrivere

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Quando domenica lo hanno premiato per i 100 gol in neroverde, Berardinho ne aveva già segnati 102. E, dopo aver ritirato maglia celebrativa e coppa dalle mani di Rossi e Carnevali, ha segnato il numero 103. Va più forte del Sassuolo che lo premia, Domenico Berardi, e si confessa a cuore aperto a ‘Il nero e il verde’, l’approfondimento televisivo che ne festeggia i record con una lunga intervista. GLI INIZI. "Di quel ‘calcetto’ tra amici da cui nacque, grazie a Pasquale Di Lillo, il provino, ricordo tutto. E ricordo bene quando l’allora responsabile del vivaio Gianni Soli chiamò, in mia presenza, i miei genitori in Calabria per dire loro che sarei rimasto a Sassuolo: cominciai così e nel giro di pochi anni mi arrivò un’altra telefonata, ero in Calabria, allora, con la quale mi convocavano, da aggregato della Primavera, in ritiro con la prima squadra".

LA PRIMA. "Alla vigilia della gara di Cesena, Di Francesco mi chiese ‘se ti faccio giocare te la fai sotto?’. Gli risposi ‘farò finta di giocare con i miei amici in Calabria, quindi su di me puoi contare’. Per la cronaca era il 27 agosto 2012, il resto verrà.

IL DIFRA. "Lo ringrazierò sempre perché mi diede una chance e se sono qui, adesso, è anche grazie a lui. Mi mandò in campo in serie B quando avevo giocato solo in Coppa Italia ed ero ‘solo’ un aggregato in Primavera: una scelta non da tutti" I GOL. "Ricordo il primo, contro il Crotone. Di destro, che non è il mio piede forte. Ma anche i 4 gol al Milan: fu la mia serata, quella. Altri ne ricordo, belli e importanti: quello contro il Chievo che ci diede tre punti fondamentali per la salvezza il primo anno di A, quello su rigore, al 94’, contro l’Inter che ci fece vincere per la prima volta a San Siro. E il gol alla Juve, che a lungo è stata l’unica squadra alla quale non ho segnato".

L’EUROPA. "Giocai i preliminari poi mi feci male, ma mi porto dentro ricordi bellissimi di quelle prime gare con il Sassuolo. Diedi tutto, segnai parecchio: ci tenevo a far bene, a portare questa squadra il più lontano possibile. Tuttora mi dispiace non ci sia stata un’altra occasione, ma spero un giorno di poterla rivedere, l’Europa con il Sassuolo" LA NAZIONALE. "Non credevo di poter avere un rendimento del genere. Anche in nazionale, come nel Sassuolo, c’è un bel gruppo, e questo mi ha aiutato. Mancini non mette pressione: i risultati che sono venuti sono anche merito di questo suo modo di gestirci"

IL DI OGGI. "Una proposta di gioco è devastante: giochiamo palla a terra, ci prendiamo la responsabilità di fare la giocata in più e non ci nascondiamo. La bontà di quanto facciamo, del resto, è scritta anche nelle convocazioni in nazionale"

BANDIERA. "Penso di esserlo già, anche se Magnanelli è qua da più tempo. Pensare di esserlo mi da’ un grande orgoglio, e da Francesco ho imparato tantissimo: ho preso spunto da lui, e come lui spero di aver dato a questa società qualcosa di bello, restituendo il tanto che il Sassuolo ha fatto per me, sostenendomi sempre"

GLI SQUINZI. "Persone uniche, che mi sono sempre stati vicino. Umili, pacati, tranquilli, in grado di trasmettere serenità dicendo sempre la cosa giusta anche nei momenti più complicati"

LE BIG. "La prospettiva di andarci, in una big, c’è stata più volte, ma ho sempre rifiutato perché in quel momento volevo crescere con il Sassuolo. Non certo perché non avessi voglia di giocare in una ‘grande’. Oggi sono cresciuto e se si dovesse ripresentare l’occasione la valuterò. Ma solo se il progetto mi piacerà, mi farà divertire e mi darà la possibilità di essere protagonista"

IL PALLONE. "Resta, per me, un divertimento: da bambino andavo a letto con il pallone, fuor di metafora, e ne resto innamorato. Continuo a divertirmi con i compagni di squadra come mi divertivo a giocare da ragazzino, ma a perdere sono uno che non ci sta: e se è vero che non mi piace troppo parlare a microfoni e telecamere, mi piace far parlare il campo e i risultati"

MATURO. "Sono cambiato: prima ero un istintivo, e capitava facessi sciocchezze. Oggi, prima di fare una cosa conto fino a dieci e riesco a gestirmi, comportandomi nel migliore dei modi. Forse mi ha aiutato, nella mia crescita, anche diventare padre. Mio figlio mi ha cambiato la vita, mi ha dato responsabilità in più"

Stefano Fogliani