Catia Pedrini come Giuseppe Panini nel difficile 1990

Era l’estate del 1990. L’Italia di Velasco aveva vinto da meno di un anno l’europeo di Stoccolma ed era prossima a conquistare il mondiale. La pallavolo si stava trasformando con l’ingresso di grandi gruppi disposti a tutto pur di avere i campioni. Gli stessi che avevano riportato Modena sul tetto d’Europa e vinto 4 scudetti di fila.

Ci sono diverse analogie tra quello che successe quell’estate e oggi. La Panini perse tutti i suoi campioni attratti dal legittimo desiderio di guadagnare molto ma molto di più. Vullo, Cantagalli, Bernardi, Lucchetta Bertoli come Bednorz, Zaytsev, Anderson. E oggi come allora, la proprietà riconducibile a Giuseppe Panini che da due anni aveva vanduto l’azienda a Maxwell, si trovò davanti al bivio: chiudere o andare avanti facendo grandi sacrifici. Catia Pedrini, che come il Panini del 1990 non ha aziende alle spalle, ha deciso di proseguire, rischiando in proprio senza secondi fini, animata pure lei dalla passione e dalla voglia di ricambiare l’affetto della città. L’allora Panini cambiò tutto, venne fuori una squadra dignitosa ma meno competitiva rispetto a certi squadroni trasformatisi poi in meteore. La nuova rosa di Giani ha di buono che non sarà al livello delle prime tre, ma ha valori superiori a quelli del 1990. Esiste il rischio che Modena sia arrivata ad un punto di non ritorno, costretta ad aspettare un altro Vandelli prima di risorgere. Ma se una società, a zero ricavi per la prossima stagione, decide di non chiudere, va rispettata e sostenuta. Senza se e senza ma.