Il cuore di Cuminetti: "Modena è casa mia"

L’opposto della grande Daytona adesso vive in Argentina: "Ma prima o poi tornerò, ho vissuto questa città al cento per cento"

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Sono già passati vent’anni. Era il 17 maggio del 2000, Juan Carlos Cuminetti al PalaEur di Roma aveva appena firmato quasi venti punti nell’incredibile sconfitta al tie-break che diede lo scudetto alla Piaggio. L’ultima partita di Cumi con la maglia di Modena. Per fortuna, ci sono tanti altri ricordi, molto più belli, di un ragazzo che è entrato nel cuore degli appassionati modenesi di volley.

Cuminetti, che cosa fa oggi?

"Sono tornato in Argentina, nella mia Rosario. Avevo in progetto di aprire qualche negozio, ma il virus ha rimandato tutto. Aspettiamo".

Nessun ruolo nella pallavolo?

"Onestamente non credo di essere tagliato per fare l’allenatore, magari potrei insegnare qualcosa nei fondamentali, ma non ho il carattere per guidare e far funzionare tante teste diverse. Mi rendo conto che il mestiere degli allenatori che ho avuto era difficilissimo".

Quindi basta volley?

"Ho continuato a giocare fino a quando ho potuto, qui a Rosario, con una squadra di veterani nella quale c’era anche mio fratello Alcides, che ha giocato in serie A1 in Italia. Facevo l’opposto o a volte il centrale, a un certo punto mi è ‘uscita’ la spalla e ho smesso".

Da voi il Covid-19 ha colpito in modo meno pesante.

"Perché ci sono poche grandi città, il resto della nazione è fatta di paesi piccoli e distanti tra di loro, a volte ci vogliono ore di carretera per arrivarci. Non c’è stato bisogno di isolare paesi perché in molti villaggi lontani non arriva e non parte nessuno. Erano già isolati".

Parliamo di Modena.

"Ah, che emozione. Mi hanno adottato, mi hanno dato la possibilità di giocare a certi livelli e mi hanno sempre fatto sentire a casa mia. Ho ancora tanti amici, come Iegor Zaccarelli e la sua famiglia: a loro posso dire che non so quando sarà, ma di sicuro a Modena io tornerò. Perché mi hanno sempre appoggiato".

Se lo meritò.

"Io ho vissuto quegli anni al cento per cento, è stata un’epoca fantastica non solo a livello sportivo, per me. C’era un livello di competenza incredibile, tra società, staff, medici e anche il pubblico. Furono anni ricchi di vittorie, ma soprattutto di emozioni forti".

Lei arrivò come una scommessa, nel 1993.

"E non finirò mai di ringraziare Daniele Bagnoli per aver creduto in me. E’ vero che poter giocare da italiano, perché avevo appena avuto il passaporto, mi aiutò. Ma senza la fiducia di Daniele non sarebbe successo niente, e invece lui mi diede l’occasione di giocare con grandi campioni già affermati come Mauricio, Cantagalli, Martinelli, Bertoli già dal primo anno, e poi tutti gli altri che vennero nelle stagioni successive. Daniele era bravissimo a capirmi e a darmi il consiglio giusto, anche durante le partite".

E Vandelli?

"Ho bellissimi ricordi anche del presidente, perché è una persona seria. Aveva tanto entusiasmo, e quando parlava nello spogliatoio sapeva come farsi ascoltare".

Il ricordo più bello?

"Lo scudetto che vincemmo in casa, il secondo. Il boato del pubblico sull’ultimo punto non l’ho mai dimenticato".

Neanche noi ti abbiamo mai dimenticato, Cumi.