Magnanelli, la grande avventura finisce qui

Dopo 520 partite e 17 stagioni in neroverde, il capitano chiuderà la sua carriera contro il Milan. E’ stato un esempio per serietà ed impegno

Migration

Al suo ex tecnico Massimiliano Allegri, oggi allenatore della Juventus, che incrociandolo gli aveva chiesto, scherzando, "Francesco, ma giochi ancora alla tua età?" pare abbia risposto "finchè tu alleni io gioco".

E invece al Conte Max, Francesco Magnanelli ha detto una bugia, rispondendo con battuta a battuta. Perché quando i due si sono visti l’ultima volta (Sassuolo-Juventus, lo scorso 25 aprile) la bandiera neroverde stava già ponderando quella decisione ufficializzata ieri dal sito del Sassuolo, ovvero di appendere le proverbiali scarpette all’altrettanto proverbiale chiodo.

‘Dopo 520 partite in maglia neroverde nel corso di 17 stagioni sportive con un percorso che lo ha portato insieme al Sassuolo dal campionato di Serie C2 all’Europa League, il nostro capitano Francesco Magnanelli ha deciso di dare l’addio al calcio giocato. Domenica contro il Milan sarà infatti la sua ultima partita da calciatore del Sassuolo e in carriera’.

Recita così il laconico comunicato con cui la società annuncia la notizia che deprimerà, immaginiamo, buona parte della Sassuolo neroverde, annunciando poi una serie di iniziative che magnificheranno la storia del capitano, compreso il saluto al pubblico in programma domenica alle 17,45. Tant’è: umbro di Città di Castello ma sassolese di adozione – arrivò nell’estate del 2005, dal 2015 è cittadino onorario della capitale della piastrella, dove peraltro ha sempre abitato e dove sono nati i due figli avuti dalla moglie Annalisa – il capitano ha scelto di arrendersi all’anagrafe e, pare, ha scelto anche cosa fare da grande, dal momento che appare scontato il proseguire del suo percorso con la società neroverde, o nei quadri tecnici o nella compagine dirigenziale.

Per lui finisce la carriera agonistica, per la Sassuolo calcistica finisce invece un’era, con i social che ribollono di gratitudine per il giocatore più presente di sempre della storia moderna del Sassuolo, percorsa con la maglia neroverde numero 4 addosso. E con lo stesso piglio e la stessa dedizione, si trattasse di difendere un 2-1, in C2, contro il Castel San Pietro, di salire in A con la cittadina più piccola, nel dopoguerra, mai ascesa all’Olimpo del calcio, o ancora di sfidare il gotha del calcio italiano come quello europeo, con la stessa maglia e lo stesso numero addosso anche al San Mames di Bilbao in Europa League, nel novembre 2016. Perché, al netto della trita retorica sulle bandiere che non esistono più e dei tanti luoghi comuni che circondano il pallone, quella del Magnanelli neroverde, quello con addosso le scarpe da gioco s’intende, è storia a suo modo irripetibile. Dipanatasi lungo quattro diverse categorie dentro le quali quello che "non era pronto per la B" (si diceva così, nei bar, quando il Sassuolo salì in cadetteria, proprio con il già citato Allegri) e poi "non era pronto per la A" (altre voci dal bar, maggio 2013) si è dimostrato invece pronto per tutto.

Anche per rappresentare, forse più che Berardi, baciato da un talento che Magnanelli non ha, qualcosa di più di un simbolo per una squadra che, come lui, non ha avuto mai paura di andare oltre i propri limiti per centrare obiettivi che sembravano irraggiungibili. Facendo leva su determinazione, dedizione e soprattutto su quella genuina passione e quella voglia di affermarsi che lo portò, nel 2005, in neroverde. Era semisconosciuto, prese un appartamento in affitto in centro e, messa in garage la ‘Polo’ che aveva allora, una bicicletta in prestito da Remo Morini. E, seguendo alla lettera il motto tanto caro a quel Giorgio Squinzi di cui il metronomo umbro, per educazione e spirito, era uno dei ‘preferiti’, non ha ‘mai smesso di pedalare’.

Sabato il Sassuolo fa parlare lui, invece che l’allenatore Alessio Dionisi, alla vigilia dell’ultima gara di capitan Magnanelli al Mapei Stadium, e chissà se sarà, quello di sabato, il primo passo del Magnanelli che, vallo a sapere, magari un domani allena. La Sassuolo neroverde, invece, oggi piange. E ringrazia.

Stefano Fogliani