Quando a Pontedera Rivetti diventò il ’pres’

Toro, riconoscenza e birra: ritratto di un imprenditore innamorato del calcio in un territorio che stava aspettando uno come lui

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Il calcio ha sempre occupato un ruolo di prima fila nel suo cuore. Carlo Rivetti è tifoso, sì. Tifoso dell’amore e dei sentimenti che questo sport riesce ad innescare attraverso una vittoria, una bella azione, una bandiera che sventola in curva. D’altronde, non poteva che essere così per lui. Abituato ad ammirare il Torino del presidente Enrico Marone Cinzano, suo nonno, colui che pose la prima pietra per quel che poi tutti conoscemmo come la squadra più forte di quegli anni e non solo. Era forse destino che anche lui, Carlo, diventasse timoniere di una società di calcio e non una società qualsiasi.

Perchè il Modena è una scelta, legata a quel lato romantico che il calcio ogni tanto mette da parte in nome di pur legittimi interessi economici. Al territorio modenese Rivetti deve tanto, lui stesso lo ha sempre ammesso. A Ravarino la sua azienda macina idee e progetti, da queste zone sono nati i grandi passi che la famiglia ha mosso in Italia e nel mondo. E il Modena, oltre ad essere una questione di cuore, è pure un modo piuttosto originale di ricambiare quanto il territorio gli ha dato da ormai oltre trent’anni a questa parte. Dal 28 maggio, giorni in cui Romano Sghedoni gli lascia lo scettro, è successo tanto, tantissimo. Pur senza eccessivi proclami ("L’obiettivo è abbandonare il pantano della C il prima possibile, ma il progetto è biennale", disse) Carlo Rivetti è riuscito in un solo anno a far dimenticare i precedenti sei anni di delusioni e di buio. Il primo anno di presidenza contiene a suo modo un record, l’ennesimo dopo quelli stracciati dalla squadra di Tesser sul campo. Nessuno è riuscito al primo anno dietro la scrivania a vincere un campionato, probabilmente nemmeno a vincere due trofei visto che in bacheca Rivetti ci ha messo pure la Supercoppa di serie C. Niente male, non c’è che dire. Complimenti al regista di questo film, fantasioso architetto di un percorso che ha raccontato puntate indimenticabili. La prima di queste puntate, a dire il vero, non è stata nemmeno così felice. Lo ricorderete, l’avvio fu zoppicante un po’ per tutti e le aspettative, alte, non furono rispettate e Rivetti fu molto sincero ad ammettere la propria delusione. Accadde a Pontedera, punto chiave della stagione, quando dopo la sconfitta con il Montevarchi espresse ai microfoni frustrazione e tristezza, spronando tutti a fare qualcosa in più perchè in quel modo non si sarebbe realizzato alcun sogno. Bastò tanto per cambiare rotta. Poche ma chiarissime parole.

I grandi timonieri non hanno bisogno di perdersi in lunghi discorsi, hanno bisogno di farsi capire all’istante e così fu. E che dire di quella festa a tutta birra il giorno del compleanno numero 110, un bicchiere offerto ad ogni tifoso, il brindisi in campo. Ricordate come finì? Modena-Imolese 2-1, rete decisiva di Riccardo Gagno. C’è un altro momento da ricordare. A Serie B ormai acquisita, a pochi istanti dal termine di Modena-Pontedera, Rivetti prende in mano il microfono e invita tutti a non invadere il campo. La fiducia reciproca nata nel corso di quest’anno ha spinto i tifosi canarini ad esuadire la richiesta del ’pres’ ed è forse questa la vittoria più bella del numero uno canarino. Perchè se è pur vero che i risultati del campo aiutano, tanto, dall’altra parte non è mai scontato riuscire a creare una simbiosi così forte, così passionale, con l’ambiente che ti ha accolto da pochi mesi. Carlo Rivetti è un presidente, un uomo, un tifoso, che non ha dimenticato i sani principi del calcio e in un solo anno ha saputo farli riscoprire ad una Modena che aspettava un personaggio del genere da troppi anni. Ora, c’è un progetto da portare avanti. Dentro e fuori dal campo. Lo stadio, il centro sportivo, il museo, le giovanili e un Modena tutto italiano. Si è detto che sarà triennale, ragionevolmente. Chissà che non ci fosse un pizzico di scaramanzia in quella dichiarazione. Chissà che in breve non ci si possa trovare di nuovo qui, con un bicchiere di birra tra le mani, a brindare a qualcosa di fantastico.

Alessandro Troncone