"Sassuolo, sono tornata per darti la salvezza"

Daniela Sabatino (462 gol in 609 gare) parla della sua carriera e del legame con la società: "Nata col pallone, voglio giocare ancora"

"Sassuolo, sono tornata per darti la salvezza"

"Sassuolo, sono tornata per darti la salvezza"

di Stefano Fogliani

SASSUOLO

"Fu una sfida passare, nel 2019, dal Milan al Sassuolo. È stata una sfida tornare, per dare una mano ad una società cui sono rimasta legata e ad un allenatore come Piovani con cui ho un rapporto speciale, e per aiutare questa squadra nuova e molto giovane a conquistare la salvezza". Tra due settimane il Sassuolo Femminile comincia la corsa salvezza e nel motore ha messo, da gennaio, i gol di Daniela Sabatino, uno dei simboli del calcio femminile italiano complice una carriera lunga 23 anni (esordio in A nel 2000) nel corso dei quali l’attaccante abruzzese ha giocato 609 gare segnando 462 gol cui vanno aggiunti i 32 realizzati in 70 partite con la nazionale. Ha vinto 2 scudetti, 4 Coppe Italia e 4 Supercoppe e da 16 stagioni a questa parte va in doppia cifra, Sabatino, attraversando, da protagonista, l’evoluzione del ‘movimento’ femminile "e siccome mi ricordo bene quanto furono difficili gli inizi, adesso sono contentissima che ci sia stato riconosciuto il professionismo. Penso che sia un traguardo meritato, e conto – dice – di poter giocare ancora qualche anno per godermelo appieno".

Si dice che il tuo sia stato il secondo contratto da professionista depositato in Lega… "Una soddisfazione in più, significa che qualcosa ho fatto".

Altro, tuttavia, ci sarebbe da fare… Il Sassuolo si appresta a giocarsi la salvezza…

"Vediamo come va, ci aspettano otto finali e le giocheremo di conseguenza".

Più difficile giocare per lo scudetto, come hai quasi sempre fatto in carriera, o per la salvezza?

"Uguale, almeno per me. Quando lotti per lo scudetto ogni passo falso è decisivo, come quando lotti per salvarsi. Sono due traguardi equivalenti, dal mio punto di vista, nel senso che per raggiungere sia l’uno che l’altro bisogna dare il massimo, anche dal punto di vista mentale. Per me, dal punto di vista personale, non cambia niente: io so che devo andare in campo, fare bene e fare gol. Valeva quando ho cominciato, vale tuttora, anche se sono passati diversi anni".

Hai sempre voluto fare la calciatrice?

"Mia madre dice che sono nata con un pallone tra i piedi, ed in effetti non ho mai voluto fare altro. Sono stata brava a crederci e fortunata ad avere sempre l’appoggio dei miei genitori, che hanno fatto di tutto per assecondare questa mia passione".

Vedendoci ‘lungo’, tra l’altro: sei una delle icone del calcio femminile italiano e narra la leggenda che il parroco del tuo paese natale, siccome giocavi la tua prima partita in nazionale ai Mondiali, posticipò la processione del Santo Patrono…

"Pensare di poter rappresentare qualcosa di importante per chi fa calcio femminile mi piace, ma io mi sento ancora una giocatrice, più che un simbolo. Quanto alla leggenda, successe davvero, ma il mio paese, Castelguidone, provincia di Chieti, è molto piccolo, e quel mio match ‘mondiale’ fu effettivamente un evento per tutta la comunità".

Alla nazionale Sabatino pensa ancora?

"Penso a fare bene qui a Sassuolo, ma all’azzurro non smetto di pensare. Diciamo che sono a disposizione"

E al dopo, visto che gli anni sono 37, ci pensa mai?

"No spero di poter giocare ancora qualche anno. Fuori da quel rettangolo verde non riesco ancora ad immaginarmi".