Tomiyasu: ‘Il Bologna, una famiglia’

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Doriano Rabotti

Bologna

FACILE non deve essere. Non lo sarebbe stato comunque, il primo anno in Italia, per Takehiro Tomiyasu: per quanto privilegiato perché fa il calciatore, parliamo di un ragazzo di neanche ventun anni (li compirà a novembre) che si trova catapultato in un mondo completamente diverso dal suo. Un mondo reso unico dalla situazione personale di Sinisa Mihajlovic. Eppure questo giovane che nelle prime tre di campionato è stato due volte il migliore in campo per i rossoblù dimostra di avere la determinazione che serve, raccontandosi in questa intervista esclusiva al Carlino.

Tomiyasu, l’idea di andare a salutare Mihajlovic sotto la finestra vi ha fatto entrare definitivamente nel cuore dei bolognesi.

«E’ stato qualcosa di strano, non ho ancora capito a chi sia venuta l’idea, mentre tornavamo in pullman da Brescia. E’ stato bello, noi siamo davvero una famiglia».

Si dice di tutte le squadre, poi magari in privato si litiga come parenti veri...

«No, stavolta è vero. Noi vogliamo bene a Mihajlovic e lui vuole bene a noi. E davvero ci si aiuta tantissimo nello spogliatoio, io in particolare trovo sempre qualcuno disponibile a darmi una mano».

Quante volte ha incontrato Sinisa?

«Di persona? Due, solo per salutarci. Le altre volte l’ho visto nel monitor durante le videoconferenze».

Deve essere dura per lei. I giovani sono quelli che hanno più bisogno degli allenatori.

«Strano è strano, è la prima volta che mi trovo in una situazione simile. Ma tutti mi trattano bene e stiamo trovando un modo per affrontare insieme questa difficoltà».

Qual è il vostro obiettivo, di squadra e individuale?

«Vogliamo arrivare in Europa League. A livello personale, voglio giocare il più possibile perché so che se riuscirò a giocare tanto, potrò migliorare».

A Bologna prima di lei c’è stato un altro giapponese, Hidetoshi Nakata. Lo conosce?

«So chi è, ma non l’ho mai incontrato di persona. Così come non ho mai conosciuto Alberto Zaccheroni, che è stato ct del Giappone negli anni passati, ma so chi è. Dell’Italia mi ha parlato Pol Garcia, che ha giocato con me nel Sint Truiden dopo tanti anni nei vostri campionati».

E che cosa le ha detto?

«Che avrei fatto bene a venire in Serie A perché era il posto ideale per migliorare, per un difensore».

Perché ha scelto proprio il Bologna, dato che aveva offerte anche da altri club stranieri?

«Perché è stato quello che mi ha fatto capire di volermi più di tutti, e ho pensato che qui avrei avuto l’opportunità per crescere. Un altro con cui ho parlato è Yuto Nagatomo, mio compagno di nazionale che ha giocato nell’Inter e nel Cesena. Mi ha detto che la serie A sarebbe stata dura, ma utile».

Quali sono i compagni con cui ha già legato?

«Skov, perché siamo giovani. Ma anche i giocatori più esperti sono sempre pronti ad aiutarmi, a darmi consigli».

Chi l’ha impressionata di più?

«Se devo dire un nome, Soriano. Perché ha le qualità per fare tutto: sa segnare, sa creare occasioni da gol, e come ha fatto domenica se serve può arretrare a centrocampo. Con lui e con Orsolini ho un ottimo dialogo».

Siete secondi, è un sogno?

«Abbiamo giocato soltanto tre partite, dobbiamo ancora migliorare in tante cose».

Domenica c’è la Roma, subito un bel modo per mettersi alla prova.

«Ho visto l’ultima partita, loro sono davvero molto forti. Dovremo difendere di squadra, restare compatti».

E magari iniziare a giocare subito, non come a Brescia.

«Eh, il primo tempo è stato davvero brutto. Poi nell’intervallo Sinisa ci ha fatto capire quanto era arrabbiato e abbiamo reagito. Per l’allenatore, e perché la nostra è una famiglia».